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Se vogliamo bene a qualcuno, preparare una buona cena è un modo splendido per dirglielo_Cannavacciuolo

"Ah Aperol!" già 100 anni di Aperol: da Padova con amore anche nell'amata variante Aperol Spritz

13/4/2019

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FotoL'Aperol Spritz arriva nella sua versione pre-mix in bottiglia nel 2011.
Correva l'anno 1919 quando a Padova nasceva uno degli aperitivi (poco) alcolici italiani più famosi al mondo, l'Aperol, che quest'anno compie 100 anni: ecco la storia.
Quante volte vi è capitato di ordinare o di sentir ordinare un Aperol Spritz? Sicuramente tante, tantissime volte. E' uno dei cocktail alcolici leggeri più noti e, come il nome chiaramente lascia intendere, è a base Aperol. Possiamo quindi essere orgogliosi del fatto che siano stati due ragazzi italiani, Luigi e Silvio Barbieri, ad aver creato e dato il via al successo di questa mitica bevanda presentata per la prima volta alla Fiera Campionaria di Padova nel lontano 1919.
Oggi Aperol fa parte del Gruppo Campari che l'ha acquisita nel 2003.



​Com'è nato l'Aperol?
Dal 1912, anno in cui i due fratelli ereditarono l'azienda paterna di liquori, ci sono voluti sette anni per arrivare alla formulazione perfetta: dal caratteristico colore arancio vivace e dal tipico sapore dolce-amaro, l'Aperol nasce per infusione in alcol di arancia, erbe (tra cui il rabarbaro) e radici. La ricetta, che è rimasta invariata dalla nascita, è segretissima. La sua gradazione alcolica è molto leggera, solo 11°, motivo per il quale appena uscito fu pensato per un pubblico femminile, per i più giovani e per gli sportivi riscuotendo un successo enorme. La definitiva affermazione del brand avviene negli anni 60 con Carosello e la messa in onda dello storico spot “Ah Aperol” interpretato da Tino Buazzelli, grande attore di quegli anni. Solo tre minuti per imprimere nella mente e nel cuore dei consumatori non soltanto un prodotto, ma uno stile di vita. Alla fine degli anni 80 Aperol adatta ai tempi la propria strategia pubblicitaria e comincia a focalizzare la comunicazione sull'Aperol Spritz, cocktail apprezzatissimo, vivace e fresco, diventato il simbolo dell'aperitivo all'italiana.
Com'è nato l'Aperol Spritz?
Non se ne ha la certezza assoluta, ma pare si possa far risalire l'origine al periodo in cui  l'Italia era sotto l'occupazione austriaca, nel XIX secolo. In tedesco spritzen significa “spruzzare”. I soldati dell'Impero austriaco, essendo abituati alla gradazione più bassa delle loro birre, erano soliti andare a bere i corposi vini locali nelle taverne venete ma, per alleggerirli, li diluivano con acqua. Come cocktail invece lo spritz nasce tra gli anni Venti e Trenta del Novecento a Venezia, quando si pensò di unire a tale usanza l'Aperol (presentato alla Fiera di Padova nel 1919) o il Select (prodotto dai fratelli veneziani Pilla). Nel tempo ne sono state realizzate diverse varianti, ma nell'ultimo decennio l'Aperol Spritz con Prosecco è diventato quello più richiesto e consumato e dal 2011 è diventato un cocktail ufficiale IBA (International Bartending Association); ciò impone che venga preparato in tutto il mondo secondo la ricetta originale. In Italia, nel cuore di Milano, la Terrazza Aperol è il luogo ideale per abbandonarsi al piacere irresistibile di un Aperol Spritz in compagnia e leggerezza con vista spettacolare sul Duomo e le sue incantevoli guglie. 
​
APEROL SPRITZ – La ricetta: Semplicissimo! Basta prendere un ampio calice di vino o un rocks (bicchiere basso tipicamente usato per servire liquori con ghiaccio) e fornirsi dei seguenti ingredienti da utilizzare nelle seguenti proporzioni:
  • 3 parti di Prosecco
  • 2 parti di Aperol
  • 1 spruzzo di soda
  • ghiaccio
  • una fettina di arancia (non trattata in superficie!)
1) Aggiungere ghiaccio e fettina d'arancia. 2) versare Prosecco. 3) poi Aperol. 4) finire con seltz o soda. In questo modo si eviterà che l'Aperol si depositi sul fondo del bicchiere.
Per chi non avesse voglia o tempo di dosare e miscelare gli ingredienti, dal 2011 la soluzione è a portata di mano: Aperol Spritz nella sua versione pre-mix in bottiglia è già perfettamente dosato e pronto ad essere condiviso, ovunque desideriamo. 
​Tanti auguri, Aperol!

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Milano ha il suo vino: è il naviglio rosso (e bianco) di Cantina Urbana

6/4/2019

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FotoL'ingresso con facciata multicolore di Cantina Urbana, a Milano, sul Naviglio Pavese
Ecco il primo vino "made in Milano": alla scoperta di Naviglio Rosso di Cantina Urbana, un interessante blend di Croatina e Barbera.
A Milano tutto è possibile. Prendete le uve del vicino Oltrepò Pavese, portatele (magari navigando il naviglio, come una volta...) in una città vivace e sempre aperta alle novità, ma soprattutto prendete una buona idea sorretta da tanta passione e il gioco è fatto: nasce Cantina Urbana che ieri, 5 aprile, ha presentato alla stampa un vino, il primo made in Milano, dal nome devo dire molto evocativo, Naviglio Rosso. Composto all’80% da Croatina e per il restante 20% da Barbera, è un vino, come ha dichiarato ieri lo stesso Michele in una intervista al Corriere della Sera, «facile, fresco, ma intenso e non banale. Un 13 gradi e mezzo, e ha comunque una sua complessità perché ha fatto sei mesi di affinamento in anfora da un parte, e sei in barrique dall’altra. È un rosso nordico, fresco e di pronta degustazione, un vino relativamente giovane, ma non dozzinale». 
Si tratta, è bene sottolinearlo, di una produzione artigianale, tanto nelle modalità di produzione quanto nelle quantità prodotte: solo 2.500 bottiglie che saranno messe in vendita da giugno, quando avranno completato il periodo di assestamento in bottiglia. Il prezzo al pubblico è già stato reso noto, 24 euro. 
A breve distanza seguirà anche il Naviglio Bianco, in questo caso non si tratterà di un blend ma di riesling, vitigno a bacca bianca sempre dall’Oltrepò Pavese, utilizzato in purezza. La produzione prevista è di 1.800 bottiglie, prezzo al pubblico circa 20 euro.
Cantina Urbana è un progetto molto ambizioso che nasce dalla passione di Michele Rimpici il quale, dopo 5 anni di grande esperienza in Signorvino (catena di enoteche con ristorante del gruppo Calzedonia) e con l'aiuto di alcuni amici competenti e appassionati come lui, ha deciso di dare vita a un progetto tutto suo nel quale far convivere i valori in cui crede: la semplicità, la convivialità, la naturalezza, la condivisione e, ovviamente, il buon vino, questa volta realizzato proprio come piace a lui. In Cantina Urbana infatti, che si trova proprio sul Naviglio Pavese, avvengono tutte le fasi della vinificazione, si tratta di una vera e propria cantina, semplicemente. 
Come ogni cantina che si rispetti, è possibile visitarla (ingresso libero) e procedere con l'assaggio ed eventualmente l'acquisto dei vini. E' previsto anche il servizio di consegna a domicilio: gratuitamente se nel comune di Milano, a pagamento per qualunque destinazione fuori città (va effettuato, ovviamente, un ordine minimo). 
Per le degustazioni, invece, occorre prenotare. Ce ne sono di tre tipi e vanno dai 25 € ai 50 € a persona. 
Non sarebbe una vera cantina milanese senza... l'aperitivo! Tutte le sere dal mercoledì alla domenica è possibile bere vino (sia in mescita che alla bottiglia) in compagnia accompagnandolo a taglieri di prodotti gastronomici artigianali accuratamente selezionati.
Cantina Urbana, inoltre, sfruttando secondo me al meglio il fatto di trovarsi in una metropoli, ospiterà anche tanti eventi legati al mondo enogastronomico italiano con musica e performance di qualità. Si mette inoltre a disposizione anche per eventi privati, come pranzi e cene di gruppo, feste di compleanno, shooting fotografici, eventi di varia natura insomma. 
Curiosità da provare: Fatti il tuo Blend, ovvero un percorso guidato in compagnia dei cantinieri durante il quale ognuno può crearsi il proprio vino personalizzato.
​I progetti tailor-made, ovvero basati sulla personalizzazione del prodotto, stanno dilagando in ogni settore. Che ne pensate? Idea che può funzionare anche nel mondo del vino o fuoco di paglia? Lo vedremo... intanto io sono molto curiosa e non vedo l'ora di conoscere meglio questa cantina, l'idea è sicuramente innovativa e con tanto potenziale. Vi farò sapere! 
Intanto per maggiori informazioni:
CANTINA URBANA MILANO
Via Ascanio Sforza, 87
20136 - Milano
t. 02 27014347
e-mail: info@cantinaurbana.it ; eventi@cantinaurbana.it 
ORARI
Lunedì dalle 10:00 alle 19:00
Martedì - Sabato dalle 10:00 alle 23:00
Domenica dalle 16:00 alle 23:00
Per visitare il sito cliccate qui > Cantina Urbana Milano

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Dove mangiare vegetariano e vegano a milano: il bistrot walden, tra libri, design e ottimo cibo

30/3/2019

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Un luogo dove mangiare vegetariano e vegano a Milano? Ecco la mia recensione di Walden: bistrot, cocktail lab e hub per la produzione di eventi culturali, artistici e musicali.
Ho scoperto Walden in una tarda mattinata lo scorso gennaio, eravamo alla ricerca di un posto per fare un tranquillo brunch domenicale e, quando lo abbiamo visto, entrare è stata la cosa più naturale che potessimo fare.
La principale caratteristica che mi ha colpito di questo posto è infatti l'atmosfera che si respira: tranquilla, rilassata, pacifica. Tutto intorno ci sono libri, disposti in una bellissima libreria verde dal design moderno. Potrei dire in tre parole che Walden a Milano è: libri, design e ottimo cibo. A tenere insieme questi tre elementi la convinzione generale che ci può essere innovazione immaginando un futuro più sostenibile.
I titoli presenti in libreria (in vendita e in libera consultazione), gli oggetti di arredo (bellissimi!) e gli ingredienti utilizzati per la preparazione dei piatti, ma anche dei buonissimi cocktail basati su dodici spezie, sono tutti scelti in un'ottica green dove l'etica e il rispetto dettano le regole.
I piatti proposti si declinano in due varianti: vegetariani e vegani. Io per il mio brunch della domenica ho scelto la variante vegetariana ma, a dispetto di quanto si possa pensare, sono state riscontrate una varietà e una complessità di sapori interessantissima anche in quella vegana.
Il mio menù vegetariano comprendeva: tortino di rose; zuppa di cipolle bianche con crostini grillé e pecorino romano; vellutata di piselli con crumble integrale; timballo di riso al rosmarino e broccoletti con cremoso di ricotta affumicata. Alla fine di questo post potrete vedere la foto di ciò che vi ho appena elencato e potrete notare come etica ed estetica vadano perfettamente a braccetto da Walden! Ho scelto poi di abbinare, compreso nel menù brunch, un bicchiere di succo d'arancia fresco (in alternativa si può scegliere un caffè americano). Compresi nel prezzo (20 €) ci sono poi acqua e caffè.
Per concludere: siamo stati benissimo, seduti a chiacchierare e curiosando tra i libri al lungo tavolo centrale, con una piacevolissima playlist di sottofondo. Le ragazze che si occupano del servizio sono gentilissime e molto disponibili. Ci torneremo volentieri.  
Il prossimo step sarà leggere, e recensire, il libro che è stato e continua a essere la fonte di ispirazione del progetto e dal quale questa verde capanna metropolitana prende il nome: Walden ovvero Vita nei boschi dello statunitense Henry David Thoreau. 
Ultima cosa ma non meno importante: da Walden è possibile organizzare eventi privati e/o partecipare agli eventi pubblici che vengono organizzati dallo staff. Per saperne di più, di seguito trovate tutti i riferimenti necessari. 

CONTATTI:
WALDEN MILANO per visitare il sito potete cliccare direttamente qui > www.waldenmilano.it/
Via Vetere, 14 - Milano+39 02 47769079
info@waldenmilano.it
​ORARI CUCINA
La cucina è aperta dalle 12.30 alle 15.00 per pranzo e dalle 18.00 alle 21.30 (apericena) 
Il sabato e la domenica mattina Walden propone il brunch del bosco dalle 12.30 alle 15.00
ORARI APERTURA SPAZIO RICREATIVO
Da martedì a sabato dalle 10.00 alle 24.00 / domenica dalle 9.00 alle 23.00 
Chiuso il lunedì
INFO
Per prenotazioni e per info eventi: info@waldenmilano.it


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La Luna nel Pozzo, ristorante dal sapore vintage nel cuore delle langhe

23/3/2019

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FotoIn alto a sinistra l'insegna del ristorante La luna nel pozzo, a pochi passi dalla sede del Comune di Neive (Cuneo)
Nella provincia di Cuneo, tra i centenari vigneti delle Langhe, abbiamo provato un ristorante molto suggestivo, La luna nel pozzo: ecco la nostra recensione!
Chi si trova a trascorrere qualche giorno tra i vigneti delle Langhe non deve perdere l'occasione di visitare il comune di Neive, di stampo ancora chiaramente medievale e, soprattutto, deve concedersi un pranzo o una cena da La luna nel pozzo, piccolo ristorante dal sapore vintage, seminascosto in una viuzza del centro, gestito magistralmente dal signor Cesare, un gentiluomo d'altri tempi che sa veramente cosa vuol dire fare ristorazione.

Noi ci siamo fermati a pranzo e abbiamo optato per un Menu piccola degustazione: era tutto eccellente e curato nel minimi dettagli, una gioia per gli occhi e per il palato. 
E che dire del servizio! Non ci sono parole per descrivere la gentilezza e la professionalità. 
Dalle porcellane ai bei modi del signor Cesare e del suo staff, sembrava davvero di aver fatto un viaggio nel tempo, di essere finiti in un bellissimo film in bianco e nero. 
Delizioso il modo in cui ci è stato poi servito il caffè, con tanto di tazzina con coperchio, per non disperdere l'aroma e il calore, accompagnato da una alzatina di squisita piccola pasticceria offerta dalla casa. 
E poi i consigli sui vini, con una carta ricchissima e fortissima sulle proposte di Barolo e Barbaresco, e le curiosità sulle tavole originali di fumetti, con tanto di autografo e dedica, che il signor Cesare ha appeso alle pareti... un'esperienza unica e indimenticabile.
Purtroppo ho perso tutte le bellissime foto che avevo scattato durante il mio pranzo, dovrò tornarci il prima possibile. 


​Di seguito i contatti:
www.lalunanelpozzo-neive.it - Piazza Italia 23 - Neive (Cn) - tel. 0173 87098 

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zeppole di san giuseppe al forno: la ricetta senza lattosio del dolce tipico della festa del papa'

16/3/2019

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FotoLe zeppole di San Giuseppe "a modo mio" in fase di guarnizione
Le zeppole di San Giuseppe sono un dolce tipico della Festa del papà: ecco la ricetta "lactose free", fatte al forno e ideali per intolleranti e allergici al lattosio. 
Anche quest'anno ci siamo cimentati nella preparazione del dolce tradizionale del 19 marzo. Le zeppole di San Giuseppe "a modo mio", ovvero al forno, senza latte e derivati e con l'amarena non sciroppata (ma decongelata dalla raccolta estiva del giardino dei miei genitori). Ma, nonostante le varianti da me apportate, il sapore è sempre stato giudicato buono e il dolce risultato è stato apprezzato per il suo essere delicato, leggero, salutare e comunque molto appetitoso. Sicuramente una ricetta casalinga e non da vetrina del più prestigioso negozio di leccornie, ma è anche vero che il sapore è quello che conta. Sulla forma e sull'estetica è sempre buono continuare a lavorare, per superare i propri limiti.

RICETTA DELLE ZEPPOLE DI SAN GIUSEPPE AL FORNO SENZA LATTOSIO

Ingredienti per 10 persone (circa 20 zeppole)​
Preparazione delle zeppole
  • 250 g di acqua
  • 100 g di margarina vegetale 
  • 150 g di farina bianca tipo 0
  • 4 uova
  • un pizzico di sale
Preparazione della crema pasticcera
  • 2 uova intere
  • 1 tuorlo
  • 100 g di zucchero
  • 50 g di farina bianca tipo 0
  • 500 g di latte di soia oppure di acqua
  • 1 bustina di vanillina o la scorza grattata di limone o una bacca di vaniglia
Per la guarnizione
  • 20 amarene sciroppate o decongelate
  • zucchero a velo da spolverare a piacimento

Preparazione
Mettere in una pentola l'acqua, la margarina e il pizzico di sale, attendere che si sciolga la margarina portando a ebollizione e spegnere il fuoco. Aggiungere la farina setacciata continuando a mescolare per una ventina di secondi. Rimettere sul fuoco acceso per circa 5 minuti. Far raffreddare per circa 5-6 minuti. Aggiungere una per volta le quattro uova a fuoco spento mescolando sempre molto energicamente. Intanto foderare con carta da forno la teglia. Mettere il composto in una tasca da pasticceria con bocchetta festonata e fare degli anelli di circa 8-10 cm di diametro. Cuocere in forno statico a 200° per circa 25 minuti.
Durante la cottura dei bignè, preparare la crema pasticcera. Mettere in un pentolino latte di soia o acqua e farina, mescolando con la frusta. Far cuocere a fuoco medio, sempre mescolando bene, e aggiungere i tuorli d'uovo, le due uova, lo zucchero, la busta di vanillina e cuocere. Una volta che si è rappresa (ma senza farla rassodare troppo) spegnere e trasferire in una ciotola per farla raffreddare.
Mettere la crema in una tasca da pasticceria e farcire le zeppole, guarnendo la sommità con l'amarena. Spolverare, una volta fredde, con zucchero a velo (a piacimento). Buon appetito!

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Sfogliatella napoletana: origine e storia di una dolce delizia riccia e frolla

9/3/2019

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FotoSfogliatelle napoletane: frolla a sinistra, riccia a destra
Quando si va a Napoli è impossibile resistere alla tentazione di assaporare uno dei suoi dolci tipici, la sfogliatella. E' uno dei simboli dell'illustre tradizione gastronomica e dolciaria campana, esportata ovunque e largamente apprezzata. Due le varianti: riccia o frolla, a racchiudere un cuore di dolce di ricotta finemente accompagnata da varianti di sapore.

Le origini della Sfogliatella
La tradizione legata alla sfogliatella si fa risalire al 1600 nella Costiera Amalfitana (Salerno), precisamente nella zona di Furore e Conca dei Marini dove si trovava il convento di Santa Rosa, abitato da monache di clausura. Un giorno, andando oltre la solita routine, una monaca creò qualcosa di straordinario. Notò un avanzo di semola bagnata nel latte e decise di recuperarla in qualche modo. Provò così a unirla a ricotta, liquore al limone e frutta secca, allungò l'impasto con vino e strutto e infornò il composto avvolto da due sfoglie che potevano ricordare un cappuccio di monaco. Nacque così la Santarosa, un dolce che prese il nome del monastero e che riscosse da subito successo anche nella popolazione, alla quale si offriva in cambio di poche monete. 

La Sfogliatella napoletana
Il dolce giunse a Napoli solo 200 anni dopo. Si deve all'oste Pasquale Pintauro la scoperta e la rivisitazione della ricetta tradizionale. Trasformò la sua piccola osteria di via Toledo in un rinomato laboratorio dolciario che si tramanda di generazione in generazione ancora oggi. Tolta la crema e l'amarena dall'impasto, Pintauro modificò il dolce nell'aspetto estetico, avvolgendo il composto con una sottile striscia di pasta sfoglia che si chiudeva a forma di conchiglia.

Varianti 
Nella tradizione della pasticceria campana esistono, oltre alle due sfogliatelle classiche riccia (pasta sfoglia) o frolla (pasta frolla), anche la Santarosa (guarnita con crema e amarene sciroppate), soprattutto sul territorio salernitano dove trae la sua origine, e la coda d'aragosta (in pasta sfoglia ma dalla forma più allungata) il cui ripieno è molto variegato (crema, panna, cioccolato). Non mancano, ovviamente, le varianti più originali a discrezione dello stile e della creatività delle singole pasticcerie, come quella a forma di cono che unisce sfogliatella e babà in un singolo dolce. Da leccarsi i baffi. 

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La fassona piemontese a milano sta nel cuore di brera, da macellaio rc

2/3/2019

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Faccio una premessa: negli ultimi anni ho ridotto di molto il consumo di carne per una serie di ragioni, non solo di ordine etico, ma anche perchè è ormai risaputo che abusarne non fa particolarmente bene alla salute. Quando mangio la carne, quindi, cerco di selezionarla al meglio.
Per me vige la regola, un po' in tutto ciò che faccio, del "poco ma buono". 
Non molto tempo fa ho scoperto un posto dove vale davvero la pena di mangiare carne: si trova a Milano, nel cuore di Brera, in Via Fiori Chiari n° 32 e si chiama Macellaio RC.  
Il titolare è Roberto Costa, tornato in Italia dopo ben 4 aperture a Londra dove è riuscito a portare, oltre alla fassona piemontese, l'amore per la sua città, Genova. A maggio 2017 Roberto è stato non a caso insignito dalla Camera di Commercio del titolo di Ambasciatore di Genova Gourmet, l’associazione che riunisce i ristoratori della tradizione genovese. Oltre alla carne, infatti, vengono serviti anche piatti a base di tonno rosso e un particolare tipo di pizza nata a Genova nel 1400 chiamata la “pissa”.
La mia esperienza in questo ristorante è stata positiva sotto tutti gli aspetti: qualità della materia prima offerta altissima, lavorazione e presentazione dei piatti impeccabile, ambiente e atmosfera che possiamo definire certamente trendy ma con moderazione, personale gentile, discreto e disponibile. Ci tengo a precisare che a pranzo quel giorno c'era anche la mia nipotina (la figlia di Claude per intenderci :) ), di due anni, e le attenzioni verso di lei sono state altissime (anche mia nipote ha fatto la sua parte comportandosi in maniera molto educata). Vi assicuro che l'attenzione verso i più piccoli non è una cosa scontata nei ristoranti e io ci faccio molto caso, così come presto molta attenzione ai bagni. Sì, perchè sono fermamente convinta che la cura e la pulizia dei servizi diano indicazioni importanti sulla gestione generale del locale. Ecco, da Macellaio RC, i servizi sono di una bellezza e di una pulizia che lasciano a bocca aperta, bellissime pareti decorate che ho pensato "le vorrei così anche a casa mia!" e tutto in ordine. C'è una cura per i dettagli maniacale e per me, che nei dettagli vedo l'essenza, vuol dire tutto. Il locale, che si estende su una superficie di circa 340 mq, offre ben 100 posti a sedere con tavoli molto ben distanziati. Noi eravamo in 4 più una bimba, avevamo avvisato preventivamente al telefono e li abbiamo trovati super organizzati con seggiolone (di design) e tavolo rotondo situato in un angolo molto tranquillo. Abbiamo davvero trascorso un pranzo domenicale in assoluto relax mangiando con soddisfazione.
​Se vi state chiedendo quanto si spende in un posto come questo, vi posso rassicurare sul fatto che i prezzi sono assolutamente nella media. Trattandosi di Milano centro e considerando tutti i fattori di cui sopra, direi che si tratta di prezzi molto ragionevoli.
Macellaio RC è aperto sia a pranzo che a cena con i seguenti orari:
lunedì – giovedì:
pranzo 12.00 – 15.00
cena 18.30 – 23.00
venerdì – domenica:
pranzo 12.00 – 15.00
cena 18.30 – 24.00
Per informazioni o prenotazioni: 02 3658 7452 oppure reservations-mi@macellaiorc.com 

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Abissi, lo spumante sommerso

23/2/2019

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Devo assolutamente raccontarvi una delle mie ultime scoperte! Si chiama Abissi ed è uno spumante che viene dal mare, letteralmente.
Siamo in Liguria, circa vent'anni fa, e a Piero Lugano, ex insegnante di storia dell'arte e amante del mare e dei suoi misteri, viene un'idea: dare vita a uno spumante che sia cullato dal mare. 
Lugano, esposta la propria idea a degli esperti e resosi conto della fattibilità della cosa, inizia il proprio progetto. In effetti a 60 metri di profondità l'ambiente è perfetto per l'evoluzione dello spumante: 15 gradi di temperatura, penombra, correnti che muovono le bottiglie tenendo in agitazione il deposito dei lieviti (responsabili della particolare connotazione aromatica e della struttura), la pressione di 7 bar che crea un equilibrio perfetto, l´assenza di ossigeno che evita scambi e perdita di pressione. 
In più, anche l'aspetto esteriore delle bottiglie avrebbe raccontato una storia unica: ognuna sarebbe stata diversa dalle altre, con le sue incrostazioni di sabbia e di alghe e le piccole conchiglie. Le bottiglie avrebbero riportato in superficie ognuna la propria personale esperienza nel profondo del mare. 
Dal 2014 a cullare le bottiglie di Abissi è il mare della Baia del Silenzio di Sestri Levante. 
La cantina Bisson produce naturalmente tante altre varietà di vino, ma lo Spumante Abissi, proprio grazie alla sua particolare origine, rappresenta oggi il suo fiore all'occhiello.
E' disponibile in tre diverse varianti: Spumante classico "Abissi", Abissi Riserva, Abissi Rosè. 
Io ho assaggiato il classico e devo dire che mi è piaciuto moltissimo.
Si presenta di colore giallo paglierino pieno, con perlage fine e persistente, profumo intenso con ampio bouquet che varia tra il muschiato e il salmastro, sapore secco, lungo e di spiccata mineralità.
I vitigni utilizzati possono variare a seconda delle annate (Bianchetta Genovese, Vermentino, Cimixià).
Alla qualità del prodotto si aggiunge la bellezza della bottiglia e della sua etichetta.
Alla fine di questo post troverete un video che dà l'idea, più di mille parole, di quale incredibile storia sia capace di raccontare questo spumante.

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torta di mele senza lattosio

23/2/2019

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Ciao a tutti! Oggi si fa merenda con una torta di mele senza burro né yogurt, per gli allergici o intolleranti al lattosio, ma anche per chi non ami questi alimenti nella preparazione delle proprie ricette.
Mi ritrovo piena di mele e di uova in dispensa, dunque la cosa migliore che io possa fare è preparare la mia (ben sperimentata) torta di mele senza lattosio, facendo felice anche mia figlia. Deliziosa al palato e sicuramente leggera, ideale quindi anche per i bimbi. Ottima a colazione con una spremuta di arancia, perfetta a merenda con un vasetto di yogurt o con un tè caldo.

Ecco gli ingredienti per circa 10 persone:
2 mele 
1 limone biologico (scorza e mezzo bicchiere di succo)
una manciata di cannella in polvere (se desiderata)
olio e farina (per la tortiera)
150 g di zucchero
200 g di farina
70 g di nocciole (o mandorle o noci)
3 uova
100 g di olio
1 pizzico di sale
1 dose di lievito per dolci
Ps. Chi voglia dare una consistenza più morbida, può inserirvi 50 g di margarina vegetale

PREPARAZIONE:
  1. Sbucciare e affettare le mele per metterle a marinare in una ciotola con succo di limone e cannella.
  2. Oliare e infarinare la tortiera (24 cm di diametro)
  3. Tritare finemente le nocciole insieme a zucchero e scorzetta di limone ben lavata e asciugata
  4. Inserire nel robot da cucina anche uova, olio, farina, succo di limone, pizzico di sale e infine il lievito fino a raggiungere un composto omogeneo
  5. Accendere il forno a 180° per farlo riscaldare
  6. Versare metà dell'impasto nella tortiera e mettervi sopra una metà delle fettine di mele. Aggiungere quindi la restante metà dell'impasto e ricoprire con le restanti fettine di mele rimaste, disposte nella maniera che più piaccia
  7. Cuocere in forno statico per circa 40 minuti a 180° (controllare con uno stuzzicadenti la cottura)
Si tratta di una esecuzione piuttosto semplice, che porta via circa 15 minuti oltre al tempo di cottura. 
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PANETTONE VELOCE ALLO YOGURT

16/2/2019

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Oggi vi propongo una ricetta semplice e veloce per realizzare un panettone che a me piace tantissimo. Diffonderà un gradevolissimo e delicatissimo profumo di limone e avrà una consistenza molto soffice. Io ho provato a farcirlo anche con la crema al cioccolato, è una variante gustosissima sia per una bella colazione sia per un'ottima merenda!

INGREDIENTI
80 g di olio di semi di arachide
1 limone biologico (quindi non trattato), la scorza
115 g di zucchero
2 uova
200 g di farina
120 g di yogurt bianco
1 pizzico di sale
1 cucchiaio di lievito in polvere (15 g)
(zucchero a velo q.b. per decorare) 

PREPARAZIONE
1. Preriscaldare il forno a 180°
2. Polverizzare lo zucchero insieme alla scorza di limone fino a ottenere un composto omogeneo  
3. Aggiungere le uova e mescolare bene
4. Aggiungere la farina, lo yogurt, l'olio di semi di arachide e il sale. Mescolare bene.
5. Aggiungere il lievito in polvere e amalgamare.

Dopo aver unto lo stampo, versare il composto e cuocere per 30 minuti (180°). 
Prima di rimuovere il panettone dallo stampo, far riposare per 5/10 minuti in modo da non romperlo. 
(Decorare con zucchero a velo.)  

Consiglio: io ho lo stampo quadrato, ma se volete dargli la forma di un ciambellone, utilizzate uno stampo ad anello di diametro 22-24 cm. 

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Chips di cavolo nero: ecco come si preparano

9/2/2019

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Le Chips di cavolo nero, in inglese conosciute come "Kale Chips", rappresentano una ricetta semplice e sfiziosa, sicuramente di tendenza in questo periodo. Portata in auge anche da molte rappresentanti dello spettacolo e da volti noti dello show business, esaltandone in particolare la leggerezza.
Sono molte le proprietà benefiche del cavolo nero, un tempo adoperato quasi esclusivamente in ricette povere e zuppe della tradizione, oggi riscoperto in una versione più trendy. Tra queste, il suo essere ricco di sostante antiossidanti (utili nello specifico nel combattere processi infiammatori e migliorare quelli digestivi), vitamine e sali minerali. Trattandosi di una pianta tipica della stagione invernale, il cavolo nero può essere un alleato per un'alimentazione sana ed equilibrata contro malanni di stagione e rafforzamento delle difese immunitarie.
Le Chips di cavolo nero rappresentano un piatto ideale per tutti i palati e i gusti, perfette per chi segue una dieta vegetariana, vegana, ma anche snack alternativo per bambini, per arricchire un aperitivo o per guarnire un piatto.
Questa sera le ho preparate per la prima volta per tre motivi specifici: sperimentare la ricetta che mi ha dato la mia verduraia di fiducia, farle provare a mia figlia duenne per vedere la reazione, offrirle come aperitivo pre cena. E devo dire che non è andato male come primo esperimento!! Volete sapere come ho fatto?

COME SI PREPARANO LE CHIPS DI CAVOLO NERO AL FORNO
INGREDIENTI per 6 persone
  • ​300 g di cavolo nero
  • olio extravergine di oliva
  • sale
  • pepe a piacimento
  • semi di sesamo
ESECUZIONE RICETTA: FACILE
TEMPO DI PREPARAZIONE: 15 minuti circa
TEMPO DI COTTURA: 10 minuti

  1. Lavare le foglie di cavolo nero e asciugarle tamponandole con un canovaccio. 
  2. Preparare in una ciotolina un intingolo con olio extravergine di oliva (circa 8 cucchiai), un pizzico di sale e un pizzico di pepe a piacimento,  una manciata di semi di sesamo.
  3. Togliere dalle foglie la parte interna centrale, quella più chiara per intenderci, tagliandola con le forbici o incidendola con un coltello dalla lama ben tagliente.
  4. Accendere il forno alla temperatura di 180° in modo che sia già caldo.​
  5. Disporre le foglie su un foglio di carta forno sulla teglia da forno e spennellarle con l'intingolo.
  6. Infornare per 10 minuti in forno statico a 180° (anche 5 minuti se il forno è ventilato).
Attenzione che le foglie risultino croccanti, ma non bruciate!
​
Eccole le mie pronte per essere gustate! Che ne pensate? 
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erbaluce, un vitigno leggendario

2/2/2019

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Foto
L’Erbaluce è un vitigno italiano a bacca bianca che si produce esclusivamente nell’area geografica del Canavese, in Piemonte. Ha una particolare buccia, spessa e robusta, estremamente adatta all’appassimento naturale. Devo ammettere che, per quanto non completamente estranea al mondo dei vini, non lo conoscevo. E’ stata una piacevolissima scoperta dello scorso fine settimana.
Da questo vitigno, che deve il suo nome a una bellissima leggenda di cui più avanti vi dirò, si ottengono oggi tre diverse tipologie di vino: l’Erbaluce di Caluso DOCG, l’Erbaluce di Caluso Spumante e un ottimo Passito.
L’Erbaluce di Caluso DOCG è un vino bianco che può raggiungere una notevole complessità. E’ stato tra i primi vini italiani a ottenere la denominazione doc nel 1967.  
Ma veniamo all’origine del nome, alla quale tengo moltissimo per quanto è romantica.
Un’antica leggenda racconta che il Sole si innamorò dell’Alba, ma sfortunatamente ogni volta che il Sole sorgeva l’Alba spariva. I due innamorati erano quindi destinati a non incontrarsi mai. La Luna, impietosita da questa situazione, una notte si trattenne più a lungo nel Cielo provocando una eclissi che permise a Sole e ad Alba di incontrarsi. Nacque così dal loro amore Albaluce, una meravigliosa dea. Ogni mattina Albaluce andava su quelle che oggi sono le colline coltivate a vigna, a specchiarsi nel grande lago, di origine glaciale, che occupava le terre dell’attuale canavese. Un giorno però la regina Ypa, per ottenere più terre coltivabili, decise di bonificare la zona prosciugando il lago e deviando il corso del fiume Dora Baltea. Il lago si prosciugò velocemente e la mattina successiva Albaluce non potè più specchiarsi nelle sue acque. Dalla tristezza le scese una lacrima che andò a posarsi su uno stelo d’erba. Lo stelo bagnato si trasformò in una pianta di vite sui cui rami pendevano grappoli succosi e dorati di uva bianca. Era appena nato il vitigno Erbaluce!
Questa leggenda mi ha ricordato molto quella di Ladyhawke… «Sempre insieme, eternamente divisi…»
Potrei riguardare il film sorseggiando un bel bicchiere di Erbaluce di Caluso pensando agli incredibili amori di Sole e Alba e di Etienne Navarre e Isabeau. Voi che ne dite? Cheers! ​

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