![]() Il fenomeno del Neorealismo è uno dei tanti motivi per i quali mi sento orgogliosa di essere italiana. Ha prodotto risultati artistici di tale dirompente bellezza che tutti nel mondo ce li invidiano. Ladri di biciclette è uno di questi. Probabilmente il vero e proprio manifesto del Neorealismo italiano, grazie alla sceneggiatura di Zavattini e alla regia di De Sica, ma in misura forse maggiore alla bravura dei protagonisti, tra cui il bambino, Enzo Staiola, che all’epoca delle riprese aveva solo 9 anni. Quasi tutti non attori. In pieno stile neorealista, quello che la cinepresa restituiva al pubblico era la verità, delle strade, della gente, della vita quotidiana, degli affanni quotidiani. La Roma del dopoguerra che ritroviamo in Ladri di biciclette è sincera, ostinata, piegata ma non spezzata. Così come i protagonisti del film: il papà al quale viene rubata la bicicletta, strumento indispensabile per portare a casa il pane, che a sua volta si vede costretto a rubarne una, e suo figlio, di una tenerezza struggente e disarmante. Presentato in anteprima al Festival di Cannes a maggio 2018 nella sua versione restaurata, grazie al progetto Il Cinema Ritrovato promosso dalla Cineteca di Bologna, in occasione dei suoi primi 70 anni, il capolavoro di De Sica e Zavattini arriva finalmente in 20 sale italiane il 4 febbraio. Cosa che non tutti sanno è che il film si ispira all’omonimo romanzo del 1946 opera del marchigiano Luigi Bartolini, più famoso come incisore che come scrittore, ma autore di un libro che ha fatto da culla a uno dei film più significativi nel panorama culturale mondiale. Oscar come Miglior Film straniero nel 1950, Ladri di biciclette ha contribuito a rendere famoso in tutto il mondo il nostro cinema. Nel 1988 venne emesso un francobollo commemorativo, parte della serie dedicata al cinema italiano. Per chi fosse appassionato, è ancora rintracciabile su Ebay.
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Febbraio 2020
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