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L'intervista - Il Maestro Alessandro Vicari: il ruolo della musica nella vita di un bambino. Attività e benefici

25/11/2019

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FotoIl Maestro Alessandro Vicari
Quanto è importante la musica nella vita di un bambino? Quali attività svolgere e come avvicinarlo a uno strumento musicale? Ne abbiamo parlato con il Maestro Alessandro Vicari di Opus Musica a Roma.
"La musica è come la vita, si può fare in un solo modo: insieme" - Ezio Bosso.
Questa intervista inizia e finisce allo stesso modo. Si apre con una citazione del grande pianista che ha fatto della condivisione e dell'inclusione principi portanti della sua attività musicale, e si chiude con il medesimo concetto espresso dal Maestro Alessandro Vicari, fondatore e presidente dell’Ass. Cult. Opus Musica a Tor Vergata, Roma. Il concetto portante della musica è tutto lì, nella parola: insieme. Perché la musica, suprema forma di comunicazione, istintiva e primordiale, è soprattutto un modo per vivere il mondo circostante e dunque motivo di condivisione e di relazione. A partire dalla formazione dell'individuo nel grembo materno, un luogo caldo e avvolgente che già consente di "sentire" il mondo al di fuori, di relazionarsi con esso, reagendo agli stimoli sonori e incamerandone le sensazioni. Una prima forma di stare insieme, di creare una relazione con l'altro al di fuori di noi.
Proprio da qui vogliamo partire per parlare del ruolo della musica nella formazione di un bambino. E lo facciamo con un professionista del settore, il Maestro Alessandro Vicari, romano, diplomato con il massimo dei voti in pianoforte al Conservatorio S. Cecilia di Roma, da venti anni insegnante di pianoforte, con un'esperienza didattica alle spalle di educazione musicale nelle scuole primarie, autore di opere didattiche per bambini sullo studio del pianoforte, direttore di coro e d'orchestra, fondatore e presidente della Opus Musica, Associazione che propone corsi di canto e di strumento, propedeutica e musica d’insieme rivolti a tutte le età.
L'esperienza maturata lo ha portato alla ricerca di metodologie di avvicinamento alla musica, a partire dalla più tenera età. <<Insegnare vuol dire avere la capacità di trasmettere e, tale attitudine, il più delle volte è un talento innato. L’esperienza può aiutare a raffinare la metodologia, ma servono delle competenze e delle capacità di fondo>> - ci spiega Vicari, che prosegue: <<Spesso mi chiedono se un bambino è “portato” per la musica, ma io rispondo che è la musica a dover essere “a portata” del bambino. Tutti i concetti, anche quelli più difficili, vanno spiegati in modo semplice e comprensibile, altrimenti si rischia di far disamorare la maggior parte degli allievi. Se il punto di partenza e di arrivo è uguale per tutti, la scelta della strada da percorrere è molto variegata. Percorsi diversi per il raggiungimento di un unico scopo, questa è la problematica dell'insegnante. Trasmettere il sapere, unico, declinandolo. Non è sicuramente semplice, e sono necessarie doti spiccate di sensibilità e di psicologia>>.

Perché la musica è importante nella formazione di un bambino già a partire dalla sua presenza nel grembo materno?
<<Gli studi confermano che, già nel grembo materno, il bimbo che si sta formando recepisce i suoni, la voce e il battito materni in primis, che riconoscerà e cercherà successivamente, dopo la nascita. Se ci sono quindi anche altre sonorità ricorrenti che lo circondano, ovviamente imparerà a sentirle più familiari e rassicuranti. È consigliabile proporre suoni di intensità lieve e dal timbro dolce, come quelli di un carillon, di un pianoforte, di un violino, un flauto o anche di una voce che canta. La scelta dei brani o delle melodie è molto ampia, ma è bene che i brani selezionati facciano piacere innanzi tutto alla mamma. Molto sponsorizzata è la musica classica (dalla “Ninna nanna” di Brahms alla “Barcarolle” di Offenbach, a un qualsiasi Adagio di Mozart o Beethoven), ma perché no, anche la musica leggera può essere utilizzata. Non è tanto il genere di musica, ma l’organico strumentale con cui viene eseguita: eviterei i suoni con frequenze gravi e di forte intensità, come quelle della musica rock, e cercherei piuttosto delle esecuzioni in stile acustico, tipo chitarra (acustica) e voce. Ricordiamoci sempre che l'udito dei bambini è molto più sensibile, loro posseggono una soglia di udibilità diversa dall’adulto. Quindi attenzione al volume e al tipo di sonorità>>.
In cosa consistono le attività musicali che si possono svolgere con bambini da 0 a 3 anni?
<<In questa fascia di età, ovviamente, non si può parlare di didattica. Intanto dobbiamo partire dal presupposto che il neonato impara molto dall’adulto osservandolo e imitandolo. Il genitore quindi è parte attiva della lezione, che collabora ed esegue le attività proposte in simbiosi con l'insegnante. Non si usa il linguaggio parlato, ma solo il canto e alcuni semplici strumenti musicali. La musica è di per sé un linguaggio a tutti gli effetti, un modo espressivo dell'uomo. Dai bimbi di questa fascia di età ci si aspetta una semplice risposta allo stimolo musicale proposto, che consiste o in un’ imitazione fatta con la sua vocina oppure in una reazione istintiva ed espressiva (stupore, movimento, battito di mani, ecc.). Il bambino, in maniera incosciente, assorbe i prerequisiti del linguaggio musicale. Un po’ come accade in un bambino che ha un genitore che parla una lingua e l'altro che gli parla in un'altra: diventerà bilingue senza nemmeno sforzarsi più di tanto. Il beneficio di corsi così "precoci" è quindi l'assorbimento di un linguaggio in più rispetto a un bimbo che ad esempio non viene posto davanti a questo stimolo. Impara a esprimersi con il canto, sviluppa il senso del ritmo, timbricamente impara a riconoscere voci e strumenti, impara a sentire dentro di sé reazioni ed emozioni suscitati da eventi sonori>>.
Cos’è invece la propedeutica musicale?
<<Si parla di propedeutica quando si incomincia a fare didattica. Se nella fase appena presentata le reazioni sono istintive, la scoperta avviene in maniera naturale, spontanea, nonostante sia guidata, dai 3 anni in poi si può insegnare a comprendere i suoni, come ottenerli ed utilizzarli. Si dice propedeutica perché si fanno attività che sviluppano le attitudini del bambino verso gli elementi che costituiscono il linguaggio musicale, come il senso del ritmo o l’intonazione della voce. E ancora, l'ascolto dei brani, il movimento, come usare il proprio corpo per esprimere cosa ascoltiamo. Inoltre, essendo un’attività collettiva, si accrescono le relazioni con altri bambini, si prende coscienza del proprio ruolo nel gruppo e di come poter interagire in modo costruttivo insieme agli altri. A questa età sconsiglio di far seguire corsi individuali per imparare uno specifico strumento, salvo ovviamente dei casi eccezionali che vanno valutati con criterio>>.
Qual è l’età più consona per avvicinare un bambino a uno strumento musicale?
<<Dai 6 anni in su è possibile approcciarsi allo studio della maggior parte degli strumenti, ma la scelta è assai soggettiva e dipende da molti fattori. Per quelli a fiato, ad esempio, è consigliabile aspettare gli 8 anni affinché la tecnica di respirazione risulti più efficace e le mani si adattino bene allo strumento. Nel caso di altri strumenti come la chitarra o il violino, essi vengono proporzionati alla corporatura, “un mezzo” o “un quarto” dello strumento originale, ma si può arrivare persino a “un ottavo” della dimensione da adulti. Comunque è bene non avere troppa fretta di iniziare e non forzare tale scelta se non condivisa dal bambino, così come non bisogna farsi ingannare dal facile entusiasmo che un bimbo può mostrare nei confronti di uno strumento al primo approccio: per lui è come avere un giocattolo tra le mani e potrebbe stancarsi di giocare molto presto se non impara come usarlo e divertirsi con esso. La scelta dello strumento rimane spesso un punto interrogativo. In altri Paesi è più facile e naturale scoprire la “simpatia” di un bambino verso un determinato strumento musicale, per il semplice fatto che gli adulti suonano spesso in casa, per diletto, anche se non sono professionisti. Il bambino così ha la possibilità di ascoltare e toccare con mano, è direttamente coinvolto e si appassiona o meno, senza fare troppe prove o forzature. In Italia il problema è che si ascolta e si suona poca musica in casa, non c’è l’abitudine di andare ai concerti, per non parlare delle scuole, dove tale disciplina viene trascurata e sottovalutata. È assai difficile che un bambino oggi voglia imparare a suonare un oboe se non lo hai mai visto né sentito. Nella quasi totalità dei bambini, manca la consapevolezza di alcuni timbri importanti, come ad esempio quelle degli archi, suono orchestrale per eccellenza, mentre conoscono benissimo il timbro di una chitarra elettrica. La rivoluzione dovrebbe proprio partire dai nuclei familiari>>.
Come può fare un genitore per incoraggiare il desiderio innato di un bambino all’ascolto e all’armonia musicale?
<<E' importante proporre al bambino l'ascolto della musica più variegata, possibilmente dal vivo. Ci sono concerti e lezioni-concerto a misura di famiglia, manifestazioni locali con bande musicali o orchestre giovanili e musei degli strumenti. Ma se anche si lasciasse semplicemente la televisione accesa su un concerto, un evento canoro, un’opera lirica, sarebbe di certo una occasione in più per scoprire qualcosa di diverso dalla canzone radiofonica, che ha ugualmente il suo valore>>.
Quali sono i benefici di un corso/attività musicale su un bambino (a livello di sviluppo sociale e personale)?
<<Lo studio della musica in età scolare contribuisce lo sviluppo del cervello in tutte le aree, da quella logico- matematica a quella linguistica. La musica di per sé accorda tutte le materie, è un'attività utile per la crescita dell'intelletto, lo sviluppo delle capacità espressive, un’arte che affina la mente e lo spirito. Vorrei inoltre sottolineare l’importanza della "musica d’insieme" come momento ludico e sociale: se il rapporto individuo-strumento è importante, non dovrebbe rimanere l'unica modalità di contatto con la musica. Proprio per la sua essenza, essa è il modo più naturale e concreto per creare unione, relazione, contatto reciproco ed evitare l’isolamento. Fare musica insieme, come avviene ad esempio in un coro o in un'orchestra, è una magnifica esperienza, una forma di aggregazione e di scambio, interessante quanto divertente, che arricchisce ogni singola persona dal punto di vista culturale e umano e predispone il nostro spirito al valore della coesione e dell’operare uniti in armonia>>.

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L'Intervista - la cantautrice napoletana Fabiana martone si racconta: ricordi, collaborazioni e l'ultimo disco Memorandum

20/5/2019

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FotoFabiana Martone
E' una fonte inesauribile di creatività e passione per la musica e per l'arte in generale; una personalità che straripa di idee e di visioni innovative; napoletana, di nascita e per scelta. Fabiana Martone ci accompagna alla scoperta del suo ultimo disco, di cui uscirà a breve il video del secondo estratto, tra ricordi d'infanzia, di come è iniziata la sua passione per la musica, le influenze della tradizione canora napoletana e i programmi futuri. 
Fabiana Martone ha respirato la musica e l'arte in senso assoluto fin dalla sua infanzia, nata e cresciuta in una famiglia fortemente rivolta alla creatività espressiva. E in un contesto culturale brulicante di ispirazioni e colori, come quello napoletano. La sua carriera di cantante inizia intorno ai vent'anni, sperimentando molti generi, dal jazz al gospel alla classica napoletana alla musica sperimentale. Ha condiviso il palco con importanti jazzisti tra cui Famoudou Don Moye degli Art Ensemble of Chicago, Renato Sellani, Dario Deidda, Piero de Asmundis, Marco Pezzenati, e nei suoi lavori teatrali come attrice e cantante ha affiancato nomi del calibro di Nino D'Angelo, C. Croccolo, G. Miale di Mauro, N. di Pinto, T. Femiano. Di grande rilevanza ora è la sua collaborazione con il gruppo Nu Guinea, con i quali sta seguendo un fortunato tour in italia e all'estero, mentre continua l'attività musicale con la band Sesèmamà di cui è fondatrice autrice, musicista e cantante. Fabiana Martone è attualmente anche la cantante della Uanema Swing Orchestra e ha all'attivo diverse uscite discografiche (Flowers 2008 - di Fabiana Martone;  Fabiana Martone and Big Band Bond 2011; Creature 2014 - di Fabiana and Soundflowers -; Agave blu 2016 - di Fabiana Martone e Marco Pezzenati -; Sesè Mamà 2018 - di Sesèmamà -; Nuova Napoli 2018 - dei Nu Guinea -; e l'ultimo disco personale Memorandum, uscito a fine 2018). 

Ciao Fabiana, com'è nata la tua passione per la musica?
<<Io veramente a questa domanda non ho mai saputo rispondere. Ho iniziato a sentire i dischi di mio padre, quelli che aveva raccolto da ragazzo e quelli che continuava a comprare quando io ero adolescente. Quindi lui è una delle ragioni per cui è nata la mia passione per  la musica. A mia memoria ho cominciato a cantare proprio intorno ai dodici anni, ascoltavo i primi compact disc con le cuffie e cantavo per farmi ascoltare da tutti. Mi piaceva questa cosa di riprodurre i suoni cercando di farlo nel modo più fedele possibile a quello che ascoltavo. E poi mi piaceva e mi piace tanto ballare, muovermi a tempo creando delle mie personali coreografie, rigorosamente in tema con lo stile musicale che ascolto. Un altro motivo fondamentale per cui mi sono incuriosita verso la musica sono le mie zie. Ricordo benissimo la prima volta che ascoltai Pat Metheny una volta che andammo a casa della nonna, dove loro abitavano ancora, e infatti "Letter from home" lo conosco a memoria e Pat Metheny è stato il mio primo concerto live>>.
Quali sono le tue fonti di ispirazione?
<<Io mi lascio ispirare molto dalla natura, da Napoli, dai paesaggi e tantissimo dalle emozioni. Ho sempre dovuto faticare tanto per imparare a guardare alle mie emozioni, e alla cura loro e dei miei stati d’animo quindi spesso mi soffermo su queste tematiche. E poi un’altra cosa importante a cui penso spesso è il senso della bellezza, il suo valore; per quanto si possa dire che il senso della bellezza sia soggettivo, in realtà io lo ritengo fortemente oggettivizzabile e individuabile in tante piccole e grandi cose, dal come si sta al mondo al come si tratta il prossimo, da come si cura il proprio balcone a come ci si relaziona con l’intero universo. Non vorrei mai peccare di presunzione, ma infondo da quando ho cominciato a scrivere con più’ assiduità cose mie, uno dei motori è la ricerca e diffusione di un senso di bellezza che si esterni soprattutto nel rispetto del creato e di tutte le creature soprattutto al di fuori del genere umano>>.
Parliamo della tradizione canora napoletana nella tua formazione e nel tuo presente.
<<Io sono cresciuta ascoltando mia madre che durante le feste faceva cantare a tutti le canzoni napoletane della tradizione classica. Mia nonna poi canticchiava “Era de maggio" e “Reginella" mentre faceva i servizi a casa e adorava Murolo e tutte le sue derivazioni. Oltre alla musica napoletana ci sono altre cose che mi hanno influenzato e formato. Ad esempio intorno ai 16 anni iniziai a cantare nel coro polifonico del paese in cui sono cresciuta, San Giorgio la Molara; in questo coro cantavamo io, mia madre, mio padre e la mia sorella mezzana. E poi mio nonno aveva fatto l’attore da ragazzo; stessa cosa il fratello di mia nonna che ha continuato a recitare e anche a fare a volte la regia di spettacoli teatrali fino in età matura. Entrambi avevano una comicità tipicamente napoletana con le dovute personalizzazioni e io se ci penso rido ancora e credo di aver assorbito questa ironia. Mia zia è famosa per aver cantato spesso alle feste con gli amici alcune canzoni del repertorio jazz. Insomma una famiglia con molte espressioni artistiche, e tutto sommato varie fonti per assorbire la napoletanità soprattutto nella accezione della creatività>>
E' da poco uscito il tuo ultimo album, originale anche nella sua presentazione grafica: raccontaci la genesi e che tipo di sensazioni hai voluto trasmettere?
<<Questo album era un desiderio ed un disegno nella mia mente. Si è composto delle sue parti nel mentre prendeva forma e anche la veste grafica e l’idea della rappresentazione grafica per ogni brano sono venute fuori piano piano, passo dopo passo, a partire dall’idea di voler usare quanta mena plastica possibile per la realizzazione di questo album. Per quanto riguarda i brani si sono riuniti insieme a descrivere alcuni importanti stati dell’animo e dello stare al mondo cercando di presentarli a chi ascolta con dolcezza, ma anche per ricordare io personalmente quanto ho imparato nel corso del tempo e scritto addirittura in forma di canzone>>.
Ora sei impegnata nelle riprese del secondo singolo: che stile e quali influenze?
<<Anche questo video è una visione che ho avuto tempo fa. Girarlo è stato un vero e proprio divertimento e l’attesa per la sua uscita mi fa stare come quando si aspetta una cosa saporita. Spero di non deludere innanzitutto le mie aspettative. Non voglio dire altro se non che si tratta della prima traccia dell’album e che ho messo in campo  le mie capacità da sceneggiatrice, costumista e … attrice comica?>>.
Che impegni ti aspettano e quali programmi futuri?
<<Per ora sono in giro con il tour dei Nu Guinea ma sto lavorando al booking dedicato al mio disco. Intanto come abbiamo anticipato sta per uscire un altro videoclip e ci sono già in vista alcuni live estivi, il primo dei quali il 9 luglio nel giardino del Palazzo Reale di Napoli. Parallelamente continua anche il lavoro di scrittura e di registrazione di altri miei brani nuovi e la collaborazione con le mie amate Sesèmamà>>.

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l'intervista - claire maggiora: come organizzare un matrimonio di successo. parola di wedding planner

12/5/2019

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FotoL'organizzatrice di eventi di lusso Chiara Maggiora di Claire Maggiora Events
Il matrimonio rappresenta uno degli eventi più importanti della vita: ecco i segreti dell'organizzatrice di eventi di lusso Chiara Maggiora, dell'agenzia astigiana Claire Maggiora Events.
La preparazione di ogni evento, e dei molteplici aspetti connessi, richiede una serie di capacità: prima di tutto quella organizzativa, di gestione del tempo a disposizione, dei fornitori ma anche degli eventuali imprevisti, oltre a una bella dose di buon gusto, creatività, entusiasmo. E, quando si tratta di un matrimonio, le ansie sulla sua buona riuscita e la necessità che tutto vada per il meglio contribuiscono certamente a renderlo "l'evento della vita". Che si organizzi tutto da sé o che si richieda il supporto di un wedding planner, le variabili che entrano in gioco nell'evento matrimonio sono innumerevoli e tutte necessitano della giusta attenzione, non trascurando affatto la componente "emozionale", che sicuramente rende il tutto ancora più intenso. Ne abbiamo parlato con Chiara Maggiora, professionista dell'organizzazione di eventi di lusso con la sua agenzia Claire Maggiora Events, con sede ad Asti. Da tempo Chiara (per tutti ormai Claire, come veniva chiamata da bambina, tanto da fare di questo nome quello della sua agenzia) affianca coppie italiane e straniere nella realizzazione del proprio sogno d'amore, con un servizio organizzativo a tutto tondo per un matrimonio perfetto e curato in ogni minimo dettaglio. 
Salve Claire, ci svela quali sono i segreti per realizzare un matrimonio memorabile?
<<La mia concezione di matrimonio memorabile è quella di un evento in cui tutto sia in armonia, dove dall'inizio alla fine gli invitati abbiano la percezione di vivere una magia, sentendosi per una giornata o più, fuori dal tempo e dallo spazio, una festa dove tutti possano sorridere e divertirsi e rendere gli sposi i veri protagonisti di questo momento. Per quanto riguarda gli sposi, memorabile è il matrimonio in cui alla fine di tutto, proprio loro vengono da te, organizzatrice, a ringraziarti con un abbraccio e gli occhi lucidi. La loro soddisfazione e la loro gioia è il vero successo di un evento. Per arrivare a ciò il mio personale segreto è la calma, che i diretti interessati spesso perdono perché troppo coinvolti emotivamente. Per me non esistono problemi ma solo soluzioni, si tratta di momenti belli, di feste, niente deve essere turbato da banali preoccupazioni o agitazioni, quindi il segreto fondamentale è avere una capacità organizzativa eccellente e un'attitudine alla serenità da poter trasmettere a tutti. Un altro segreto è affidarsi ai migliori fornitori scegliendo solo e sempre grandi professionisti>>.
Quali sono invece gli errori da non commettere?
<<Svariati sono gli errori da evitare, per quanto riguarda il mio modo di lavorare innanzitutto mai avere la smania di protagonismo da rendersi troppo visibili e al centro dell'attenzione. Una brava wedding planner è regista ma mai protagonista, il suo lavoro deve trasparire dai fatti concreti, mai dalle parole e dalla troppa visibilità durante l'evento. Non bisogna mai lasciare nulla al caso, ma avere piani A e piani B per ogni evenienza, e come ho già detto mai affidarsi a persone che si improvvisano, in nessun ambito, la scelta dei propri fornitori e collaboratori fa sempre la differenza. In ultimo ma basilare mai cercare di prevaricare i clienti nelle decisioni, consigliare, guidare, ma mai imporre. Io adoro il colore verde, ma se loro lo odiano non c'è storia, non si utilizza!>>
Che consigli offre agli sposi per prepararsi ad affrontare al meglio l'evento della vita?
<<Ammetto di non dare molti consigli ai miei sposi, in fondo io non sono sposata! L'unica cosa che dico sempre è di affrontare tutto con gioia, non farsi prendere dal panico o dalle ansie e di fidarsi di me perché dall'esterno si vedono cose che spesso sfuggono ai diretti interessati. I consigli che elargisco più facilmente sono quelli "futili" ma per noi fondamentali, ovvero quelli di bellezza e stile, le mie spose hanno sempre lunghe liste di prodotti beauty e segreti per arrivare splendide al giorno fatidico! Di questi consigli spesso beneficiano anche damigelle, sorelle, mamme, suocere...essendo un'esperta di cosmetica e bellezza in generale diciamo che "ci vado a nozze"!!>>.
 Quanto conta il lavoro del wedding planner (ed è davvero tanto costoso quanto si possa credere)?
<<Il lavoro del wedding planner, se fatto bene, fa la differenza perché si nota subito un evento curato da una mano esperta piuttosto che creato da sé. Ricordiamoci che sono sempre i dettagli a fare la differenza e la mano di un'esperta wedding planner la fa. Per quanto riguarda i costi sicuramente sono da valutare, non tutti possono o vogliono permetterselo, però un matrimonio organizzato nei minimi dettagli spesso può venire a costare meno tramite un'agenzia grazie alle conoscenze dirette dei fornitori e alla capacità di gestire il budget totale. Poi ricordiamoci sempre che ci sono fasce di prezzo differenti, organizzatori che trattano budget più bassi e altri come me che si rivolgono al mondo del luxury, ma questo non significa la bellezza o meno di un evento, si possono creare eventi meravigliosi con un piccolo budget e altri ridicoli spendendo tanti soldi, la differenza la fa solo il buon gusto, dei clienti e dell'organizzatore>>.
Star internazionali, ma anche persone comuni provenienti dall'estero, hanno scelto negli ultimi anni una location italiana quale scenario per il proprio matrimonio: quanto è attuale questo fenomeno?
<<Il fenomeno del destination wedding sta prendendo sempre più piede, infatti la mia agenzia si dedica con tanto entusiasmo a questo aspetto. Sono sempre di più gli stranieri che scelgono il nostro paese per sposarsi, e non c'è bisogno che ne spieghi il motivo, è il paese più bello del mondo! Abbiamo il mare ,i laghi, le città d'arte, le campagne...abbiamo luoghi per tutti i gusti e tutte le tasche. Certamente il fatto che molte celebrità si siano sposate in Italia ha contribuito a renderla meta di interesse perciò siamo sempre grati a coloro che pubblicizzano le nostre bellezze nel mondo. La mia agenzia in particolare offre un servizio a 360 gradi agli stranieri potendosi avvalere di due tour operators molto famosi in Italia che prendono in carico gli spostamenti degli ospiti da ogni parte del mondo e offrono assistenza costante. Proprio in questo periodo sto sviluppando un progetto con persone molto in gamba che riguarda il nostro territorio piemontese delle Langhe e Monferrato, se andrà in porto ve ne parlerò volentieri in un'altra intervista>>.
Parliamo infine di tendenze matrimonio 2019-2020. Cosa è IN, cosa è OUT?
<<Potrà sembrare strano ma non sono una grande amante dei trends e delle mode. Li seguo ovviamente per una questione di aggiornamento ma la mia parole d'ordine è buon gusto, non a caso il motto di apertura del mio sito è "beauty can save the world" e non tutto ciò che è modaiolo è anche sempre bello. E' anche vero che dicono che il bello sia soggettivo ma io credo che ci siano dei canoni di estetica, eleganza e raffinatezza che prescindano da tutto il resto e non sono discutibili perciò chi si rivolge alla mia agenzia sa che questa è la mia filosofia, un occhio alle mode sì ma con cautela. Posso perciò dirvi che IN sarà sempre l'elegante semplicità mentre OUT la confusione e la volgarità, di forme e contenuti>>.

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l'intervista - aldo sacchetti: il giovane artista si racconta dopo il successo dell'uscita del libro "l'alfabeto della moda"

18/4/2019

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FotoAldo Sacchetti a lavoro
Intervista ad Aldo Sacchetti: il giovane e talentuoso illustratore e fashion designer italiano si racconta tra prestigiose collaborazioni e l'uscita del volume "L'alfabeto della moda" di cui ha curato i disegni.
L'abbiamo potuto scoprire (e apprezzare) tramite il suo profilo Instagram. Un giorno, per caso. Un giovane ragazzo quasi sempre con la testa chinata su un foglio da disegno con matita alla mano e sguardo concentrato. Un susseguirsi di immagini che ritraggono le sue creazioni, le sue "creature", frutto del suo estro artistico e della sensibilità creativa che lo ispira. E da allora l'abbiamo seguito sul social, ammirando le sue coloratissime e intense piccole opere su carta.
25 anni, di Reggio Calabria ma trasferitosi a Roma per lavoro. Tra le sue più importanti collaborazioni ci sono colossi della moda come Bulgari e Fendi, oltre a diversi brand in altro ambito, da cui viene convocato come illustratore ad eventi e inaugurazioni in tutta Italia. Partecipa a fiere di settore, con live drawing e painting. Poi l'uscita del volume edito Carocci Editore, "L'alfabeto della moda", scritto dalla talentuosa Sofia Gnoli contenente le sue bellissime illustrazioni. Libro che abbiamo poi preso il libreria e recensito, perché frutto di una interessante collaborazione e di un progetto che ci è piaciuto molto, semplice quanto efficace.
E così perché non proporgli un'intervista? Ci siamo chieste. Parlare di giovani talenti è sempre un piacere, raccontare la loro storia, come sono giunti a coronare i loro sogni nel cassetto, chiedergli cosa si aspettano dal futuro e come vorrebbero veder evolvere il proprio destino. E così, senza tante esitazioni l'abbiamo contattato per proporgli la cosa. Aldo Sacchetti si è dimostrato da subito entusiasta. Appuntamento telefonico, una chiacchierata informale, e tante informazioni e curiosità scaturite. 
​
Ciao Aldo, piacere e grazie per aver accettato la nostra intervista. Quando è nata la tua passione per il disegno e che percorso hai fatto per diventare un illustratore?
<<Il disegno è parte di me, da sempre. Ricordo che da bimbo disegnavo sempre, soprattutto cuori, prova tangibile dell'animo romantico che ancora mi contraddistingue. Ho frequentato il Liceo Classico a Reggio Calabria ma da subito ho sentito forte la passione per il disegno e ho deciso, a studi terminati, di andare a Roma per seguire l'Accademia Internazionale d’Alta Moda “Koefia” e successivamente ho frequentato un Master. La formazione dell'Accademia è stata più specificamente legata al mondo della moda, io invece nutrivo il desiderio di spaziare e continuare a studiare e arricchirmi, motivo per cui mi sono focalizzato anche sul fumetto e sull'illustrazione>>.
Hai potuto contare sul sostegno della famiglia?
<<Mia madre in particolare mi ha sempre supportato, credendo in me profondamente. A lei devo tanto, rappresenta per me un caposaldo, tanto da richiamare la sua figura anche nei miei disegni. Posso dire in generale di essere fortunato perché non sempre si può far affidamento sulla propria famiglia in lavori non proprio "ordinari" come il mio>>.
Quando hai capito che la tua passione sarebbe potuta divenire un vero e proprio lavoro? 
<<Sono ben consapevole che l'illustrazione spesso possa rimanere relegata al puro ambito dell'hobby e della passione "casalinga". Non è un mondo facile. In realtà la svolta l'ho avuta grazie ai social, a Instagram in particolare. E' sulla piattaforma, infatti, che sono stato notato per la prima volta da una persona che ha apprezzato i miei lavori e mi ha coinvolto in un lavoro remunerato. Poi è arrivata una seconda commissione, una terza e da lì mano a mano ho capito che la cosa funzionava. Ho acquisito allo stesso tempo sempre più fiducia. Diciamo che i miei disegni si sono poi fatti strada da soli>>.
​Non fosse andata bene, hai mai pensato a un "piano B"?
<<Con il carattere deciso che mi ritrovo, non ho mai pensato a un'alternativa a quello che amo fare. Forse avrei intrapreso un nuovo corso di studi. Per un periodo ho anche fatto qualche altro lavoro, ma la sensazione che provavo era quella di togliere tempo a quello volevo realmente fare. Come se qualcosa di interiore mi richiamasse all'ordine dalle "distrazioni". Sono spinto da una passione molto forte che, insieme alla costanza, con il tempo portano i risultati sperati>>.
Parliamo del tuo rapporto con il disegno: quanto vale l' "allenamento" per un disegnatore?
<<La mano di un disegnatore va sempre allenata: più disegni più sai disegnare e hai idee. Ma di questo non mi posso proprio lamentare. La mia non è mai ferma. Ora il lavoro si è molto intensificato, disegno tantissimo per commissioni. Mi manca infatti il tempo per creare qualcosa di fantasia, che soddisfi semplicemente la mia ispirazione insomma. Non a caso porto sempre con me, ovunque vada, un blocco degli schizzi, matita, gomma pane e il mio set di acquerelli>>.
Da cosa trai ispirazione per le tue illustrazioni?
<<Ho già parlato di mia madre, che porto sempre con me anche nelle creazioni. Il mio background espressivo comprende i disegni di Walt Disney (la mia infanzia e il mio eterno amore), le ispirazioni provenienti dal teatro, dal cinema (Tim Burton e Paul Thomas Anderson nello specifico) e dalla moda (adoro lo stile bon-ton di Valentino). Ovviamente, quando mi viene commissionato un lavoro, studio ciò che vuole il cliente, mi faccio descrivere il mondo che deve essere rappresentato, declinando il mio stile distintivo alle richieste specifiche. In modo da risultare sempre riconoscibile, ma seguendo le necessità del singolo lavoro>>.
Ciò che ci ha colpito subito guardando i tuoi disegni raffiguranti le figure femminili sono gli occhi molto grandi. E' una cosa voluta?
<<Il motivo penso sia inconscio. Ho sempre pensato che gli occhi rappresentino la parte più importante di una persona. Tramite essi riesco ad andare oltre il semplice bozzetto di moda, riuscendo a dargli un'anima. Calco molto l'espressività per dare vita a ciò che il tratto di matita rappresenta sul foglio bianco>>.
​Passiamo ora al libro, uscito il mese scorso in tutte le librerie italiane, "L'alfabeto della moda" (edito Carocci), scritto da Sofia Gnoli, storica della moda e illustre giornalista di settore (collabora, come esperta di moda contemporanea, con Il Venerdì e con La Repubblica), e illustrato da te. Sei riuscito a guadagnarti una prestigiosa pubblicazione editoriale a soli 25 anni, una bella soddisfazione. Com'è nato il progetto?
<<Io e Sofia ci siamo conosciuti quando frequentavo l'Accademia, seguendo il suo corso di Storia della moda. Da subito c'è stato feeling reciproco. Io la seguivo molto appassionatamente, attirato dalla sua immensa cultura e dal suo carisma. L'ho seguita anche come assistente. Finché un giorno mi coinvolse nel progetto del libro come illustratore delle parole di questo alfabeto della moda da lei argomentate. Ci abbiamo lavorato poco meno di un anno e ora giriamo insieme per le presentazioni. Una donna straordinaria dalla quale c'è solo da imparare>>.
Quali sono ora i tuoi impegni e i progetti futuri?
<<La collaborazione con Fendi è attualmente quella più strutturata, va avanti da oltre un anno. L'ultimo evento a cui ho presenziato c'è stato il 3-4 aprile. In programma ho un progetto molto interessante nel settore della moda del quale però mantengo ancora il riserbo. Il mio obiettivo sarebbe quello di divenire un riferimento per diversi brand>>.
Per concludere, Aldo, cosa ti diresti in questo momento della tua vita?
<<Dico a me stesso di credere sempre di più nelle mie capacità, di procedere fiducioso lungo la mia strada, di guardare avanti. Non mi faccio alcun complimento, sarebbe solo un traguardo compiacersi>>.

Per ammirare le sue creazioni: Aldo Sacchetti su Instagram

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    Le interviste di MyC sono il frutto del lavoro redazionale di Claudia, giornalista pubblicista, e di Laura, blogger specializzata.
    La manifestazione più autentica delle loro penne e della loro creatività, sulle tematiche che compongono il blog.

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