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Vorrei che tutti leggessero, non per diventare letterati o poeti, ma perché nessuno sia più schiavo_Rodari

Le ho mai raccontato del vento del Nord, il bel romanzo "epistolare" di Daniel Glattauer

26/2/2019

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Conoscete Daniel Glattauer? E' un autore viennese, classe 1960, che dopo aver lavorato come giornalista per diversi anni ha cominciato a dedicarsi a tempo pieno alla letteratura.
Io non lo conoscevo fino a quando un Natale di sei anni fa una delle mie più care amiche mi regalò questo libro dal titolo che mi sembrò piuttosto curioso e intrigante: Le ho mai raccontato del vento del Nord, libro del 2006 con il quale Glattauer ha raggiunto la fama mondiale (è stato tradotto in circa quaranta lingue ed è diventato anche opera teatrale, radiodramma e audiolibro).
Sfogliandolo un po', come faccio spesso quando mi trovo per la prima volta un libro nuovo fra le mani, notai subito che le pagine non erano fitte di testo, ma composte di paragrafetti scanditi dal tempo... otto minuti dopo, 40 secondi dopo,  quattro minuti e mezzo dopo e così via, e identificati da una R:, un RE: talvolta un Oggetto. Il libro mi incuriosì subito moltissimo, capii che si trattava quasi sicuramente di un'amicizia (o di un amore) di penna, o meglio, di tastiera!
I protagonisti della storia sono Emmi Rothner e Leo Leike, dei quali però non vi svelo nulla. Vi invito a conoscerli attraverso i loro scambi di email perchè secondo me questo romanzo, che possiamo definire "epistolare del nuovo millennio" (il termine "epistolare", per quanto non del tutto appropriato rende molto bene l'idea) merita e restituisce un po' di quel sapore romantico che a volte manca nelle storie d'amicizia e d'amore contemporanee.
L'autore è acuto e delicato e la costruzione della storia è interessante anche dal punto di vista della psicologia dei personaggi. Il romanzo è leggero, ma per niente banale, anzi, direi che è molto originale. Mi ha divertito e fatto sorridere, ma mi ha anche tenuto col fiato sospeso; mi ha coinvolto e mi ha fatto entrare in empatia con i due protagonisti, di questo sono grata all'autore. 
Tre anni dopo, nel 2009, è uscito La settima onda, il sequel di Le ho mai raccontato del vento del Nord. Io ho preferito il primo, ma anche il secondo merita. In più è necessario leggerlo per scoprire come andrà a finire la storia tra Emmi e Leo. Si incontreranno mai? Se ancora non lo sapete, vi invito a scoprirlo. 

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L'inventore di sogni, l'inno alla fantasia dei bambini di Ian McEwan

19/2/2019

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L'inventore di sogni (titolo originale: The daydreamer) è un breve e brillante romanzo dello scrittore e sceneggiatore inglese Ian McEwan (classe 1948). Pubblicato per la prima volta nel 1994, questo piccolo libro è un vero e proprio inno alla fantasia dei bambini. Il protagonista è appunto un bambino di dieci anni considerato un po' strano dai grandi, Peter Fortune, che, prendendo spunto da semplici fatti e personaggi di vita quotidiana, inventa una serie di divertentissimi episodi e fantastiche avventure con la forza della sua incredibile immaginazione. 
Non potrete non amarlo! Personaggio molto simpatico è anche la sorellina di Peter, Kate, di sette anni, coprotagonista del libro. Più piccola del fratello per età, ma molto più pratica di lui, sa come farlo tornare con i piedi per terra quando se ne sta con la testa fra le nuvole. 
Il libro è suddiviso in capitoli, ognuno dei quali, raccontando una rocambolesca storia frutto della fervida fantasia di Peter, ci aiuta a delinearne la personalità e a comprenderne il rapporto con gli adulti e con il mondo circostante. Così abbiamo nell'ordine:
  • Due parole su Peter
  • Le Bambole
  • Il Gatto
  • La Pomata Svanilina
  • Il Prepotente 
  • Il Ladro
  • Il Piccolo
  • I Grandi 
Leggendo questo romanzo mi sono affezionata moltissimo a Peter, tanto che spesso, sentendone la mancanza, vado a fargli visita rileggendo un capitolo o le citazioni che ho sottolineato (sì, io sono una di quelle che quando legge non può fare a meno della matita!). 
Di seguito alcune delle mie citazioni preferite: 
"Gli piaceva stare da solo, e pensare i suoi pensieri."
"Ed è impossibile sapere di una persona che cosa pensa, se quella persona non lo dice."
"Se ti unisci alla compagnia, la gente sa che cosa ti passa per la mente. Perché è la stessa cosa che sta passando per la mente degli altri. Se non vuoi fare il guastafeste, devi unirti alla compagnia. Ma Peter non la pensava così. Non aveva niente in contrario a stare con gli altri quando era il caso. Ma la gente esagera. Anzi, secondo lui, se si fosse sprecato un po' meno tempo a stare insieme e convincere gli altri a fare lo stesso, e se ne fosse dedicato un po' di più a stare da soli e a pensare a chi siamo e chi potremmo essere, allora il mondo sarebbe stato un posto migliore, magari anche senza le guerre."  
"Dal canto suo anche Peter, crescendo, imparò che, siccome la gente non riesce a vedere che cosa ti sta passando nel cervello, la cosa migliore per farsi capire, è dirglielo."
"L'immagine del micio sonnolento non mancava di torturare Peter ogni volta che, uscendo di casa, riceveva il benvenuto di una raffica gelida di tramontana."
"Dopo mangiato, i grandi erano troppo piacevolmente impegnati a bere e a raccontarsi storie infinite, per aver voglia di mettere a letto i bambini, ed era allora che la Banda del Mare poteva svignarsela nella tiepida calma del crepuscolo, e tornare indisturbata nei posti preferiti dei giochi fatti di giorno. Con la differenza che a quell'ora in più ci sarebbe stato il mistero del buio e delle ombre paurose, e la sabbia fredda sotto i piedi nudi, e la gioia impagabile di corse sfrenate che si aveva l'impressione di rubare a qualcuno."
"E oltre tutto questo umano fermento, l'oceano si gonfiava e si ripiegava, perché a nulla e nessuno è dato di restare fermo, non agli uomini, non all'acqua e neppure al tempo."

Consiglio L'inventore di sogni a tutti quelli che hanno voglia di intraprendere insieme a Peter favolosi viaggi in mondi fantastici. Probabilmente ritroverete voi stessi bambini in molti di quei mondi. 

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Colazione da Tiffany di Truman Capote e le due Holly che ha generato

12/2/2019

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Metto subito le mani avanti: io amo alla follia il film con Audrey Hepburn e George Peppard, ho il dvd e l’ho consumato a furia di guardarlo e riguardarlo. Il libro in questo caso è arrivato nella mia vita solo dopo e, cosa che solitamente accade di rado, non ho preferito il romanzo al film. Semplicemente trovo che, per quanto ci siano nel film molte parti chiaramente riprese dal romanzo, quelle eliminate o modificate siano bastate a cambiare la percezione che si ha dei personaggi e della storia in generale. 
Ma rimaniamo sul romanzo, tema di questo post. Il suo autore, Truman Capote, nato a New Orleans nel 1924 e morto all’età di sessant’anni a Los Angeles, è considerato una delle voci più originali della letteratura americana del Novecento ed è molto noto per essere anche autore di A sangue freddo (1966), romanzo successivo rispetto a Breakfast at Tiffany’s, che vide la luce nel 1958, anno della sua prima pubblicazione. Colazione da Tiffany arriverà in Italia un anno dopo, nel 1959. Nel 1961 verrà realizzato l’omonimo film con Blake Edwards alla regia.
A raccontarci la storia come se fosse la trama di uno dei suoi racconti, in questo caso autobiografico, è Paul Varjak, aspirante scrittore squattrinato che diventa vicino di casa della vera protagonista della storia, Holly Golightly, una ragazza dalle mille sfaccettature e contraddizioni, generosa con gli uomini, spesso ferita, ma eternamente bambina. Nel romanzo il personaggio di Holly viene fuori nella sua dirompente bellezza velata di mistero e poesia in mezzo a tante figure maschili che, per quanto molto ben caratterizzate da Capote, perdono fascino rispetto a lei che, se nel romanzo attira come una calamita gli uomini, allo stesso modo assorbe l’attenzione di chi legge. La storia raccontata da Capote, per quanto scritta talmente bene da scivolare via leggera e piacevole, è in realtà molto dura. Ho apprezzato e amato il romanzo, ma in questo caso, e non mi succede quasi mai, la Holly che mi ha rubato il cuore non è quella originale, ma la sua rivisitazione, ammetto edulcorata, della versione cinematografica. Quando si tratta di Audrey Hepburn probabilmente non riesco a rimanere imparziale, o semplicemente amo talmente tanto il finale di quel film meraviglioso (completamente diverso da quello del romanzo) che non riesco proprio a immaginare una Holly Golightly che non sia inzuppata nel suo trench, con il suo Gatto rosso stretto tra le braccia, mentre bacia Paul regalandoci una delle scene più romantiche della storia del cinema di tutti i tempi.
A Truman Capote va però il merito di averci regalato pagine di incantevole letteratura senza le quali nessuna delle due, o più, Holly sarebbero mai potute nascere.
Come dico sempre: meglio leggere prima il libro e solo dopo guardare il film che ne è derivato, per il semplice motivo che altrimenti la nostra immaginazione risulterà già condizionata da quella di regista, sceneggiatore, costumista, ecc., ma non è sempre possibile dare un ordine alle cose e in questo caso a me è successo di innamorarmi di una Holly che non è propriamente la “mia”, ma le voglio talmente bene che va bene così.
E voi cosa ne pensate? Vi è rimasto più nel cuore il film o il romanzo? 

Di seguito alcune delle mie citazioni preferite tratte dal romanzo: 
"Portava sempre gli occhiali neri, era sempre in perfetto ordine, c'era un innato buon gusto nella semplicità dei suoi abiti, nei grigi, negli azzurri, nell'opacità dei tessuti che la faceva brillare di luce propria."
"...per baciare qualcuno basta piegarsi un po' in avanti."
"Bisogna essere sensibili per apprezzarla, bisogna avere una vena di poeta."
"E' una piccola seccatura, il fatto che non abbia un nome. Ma io non ho il diritto di darglielo, dovrà aspettare fino a quando non apparterrà a qualcuno."
"<Non voglio possedere niente finchè non avrò trovato un posto dove io e le cose faremo un tutto unico. Non so ancora precisamente dove sarà. Ma so com'è.> Sorrise e lasciò cadere il gatto sul pavimento. <E' come da Tiffany> disse. "
"Si deve molto a chi ci dà un po' di fiducia."
"Queste settimane, che abbracciano la fine di un'estate e il principio di un altro autunno, sono confuse nella mia memoria, forse perchè la nostra comprensione reciproca aveva raggiunto la dolce profondità in cui due persone comunicano più spesso con il silenzio che con le parole." 
"E, a un tratto, accadde. Mentre guardavo i colori sfumati dei capelli di Holly balenare alla luce rosso-gialla delle foglie, l'amai abbastanza da dimenticare me stesso, le mie disperazioni egoistiche e da essere contento perchè stava per succedere qualcosa che lei pensava felice."
​"Sì, perchè non può continuare così per sempre. A non sapere che cos'è tuo finchè non lo butti via."

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Alice nel paese delle meraviglie di lewis carroll

5/2/2019

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Le avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie fu scritto nella sua prima versione nel 1864, intorno al periodo di Natale, per una bambina di nome Alice Liddell dal matematico e scrittore inglese Charles Lutwidge Dodgson (ben più noto con lo pseudonimo di Lewis Carroll). Sono trascorsi quindi 155 anni da quando Alice ha messo piede per la prima volta nel Paese delle Meraviglie e non si può dire certo che questo romanzo fantastico soffra il passare del tempo, anzi tutt’altro!
Alice, il Bianconiglio, la Lepre Marzolina, il Cappellaio Matto, la Regina di Cuori, solo per citarne alcuni, sono stati e continuano a essere fonte inesauribile di ispirazione nella vita di ognuno di noi: che si cerchi una risposta alla domanda “come mi travesto a Carnevale?” o alla domanda “quale sarà il prossimo film che dirigerò?” o “quale stampa scelgo per la mia t-shirt personalizzata?” o anche… “Soggetto per il prossimo spot o video musicale?”, il mondo fantastico immaginato e reso eterno dalla penna di Lewis Carroll resta un punto di riferimento culturale fortissimo e continua a darci risposte.
Il cartone Disney, uscito in Italia nel 1951, è sicuramente quello che ha contribuito in maniera più forte alla fama di Alice tra i più piccoli, dando una tale particolare caratterizzazione ad ambienti e personaggi che ancora adesso, leggendo il libro da adulta, non possono non condizionarne la mia immaginazione.
La versione del libro che ho letto io è quella edita da Feltrinelli per la collana I Classici con traduzione e introduzione di Aldo Busi e testo originale a fronte, postfazione di Carmen Covito.
Per godere al meglio di libri come Alice nel Paese delle Meraviglie, ricchi di giochi si parole, doppi sensi e costruzioni enigmatiche, penso sia molto importante avere la possibilità di confrontare il testo tradotto con l’originale perché, per quanto il traduttore possa essere molto capace (e Aldo Busi lo è) ci sarà sempre qualcosa che non sarà perfettamente trasferibile nella trasposizione in un’altra lingua.
Gli stessi nomi dei tanti personaggi fantastici che Alice incontra, per esempio, sono bellissimi in italiano, ma necessariamente diversi nella lingua e nella fantasia di Carroll.
Inoltre Busi arricchisce la sua versione in lingua italiana con particolari tipici della nostra cultura (per esempio a pag. 51 viene citato Carosello) che rendono sicuramente divertente la lettura, ma che ci allontanano dal periodo storico e culturale di Carroll. E’ bello e utile quindi avere la versione in lingua inglese subito disponibile a fronte del testo italiano per cogliere a pieno anche gli spunti creativi del traduttore.
Come dice Busi nella sua introduzione al testo, “Alice nel Paese delle Meraviglie non è un libro per bambini.” “Questo è il libro che ci riconcilia con la disgrazia più irrimediabile della vita: non essere mai adulti e poi, improvvisamente, non essere più bambini.” Pienamente d’accordo. 
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