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La moda è fatta per andare fuori moda_Coco Chanel

Il ritorno dei pantaloni a zampa: storia di un capo evergreen

27/2/2020

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FotoL'attrice Farrah Fawcett
Ciclicamente ritornano. Sono amati ma anche temuti, talvolta completamente snobbati, sono i pantaloni a zampa, di nuovo in voga quest'anno. Li abbiamo abbondantemente visti sulle passerelle come per le strade, stretti sulle cosce e larghi dalle ginocchia in giù. Definiti anche a campana, i pantaloni a zampa per la bella stagione contribuiscono a definire le curve nei punti strategici e ben si abbinano a sandali o décolleté.
In tessuto jeans ma non solo. I pantaloni a zampa (di elefante) rappresentano senza dubbio un capo che ha segnato la storia della moda, a partire dagli anni Sessanta.
Ma prima di comprendere il valore, estetico e sociale, di questo modello di pantalone è necessario sottolineare la diffusione in quel periodo del denim. Un tessuto che con le sue umili origini (ampiamente usato dagli operai negli Stati Uniti d'America per la sua robustezza) ha voluto manifestare tutta la ribellione giovanile, come arma di combattimento di stereotipi preconfezionati, soprattutto per il sesso femminile. Ciò unito al fascino emanato dal magico mondo di Hollywood, tra film western e idoli internazionali come James Dean.
I pantaloni a zampa si devono principalmente alla cultura hippie. Dalla metà degli anni Sessanta, li hanno indossati i figli dei fiori abbinandoli a top con le spalle scoperte, borse con le frange e occhiali da sole dalla montatura rotonda. Hanno rappresentato infatti uno dei principali segni distintivi dello stile hippie. Un movimento che, nato sulla costa occidentale degli Stati Uniti, si è diffuso moltissimo in Europa soprattutto grazie alla musica e ai festival.
Mentre oggi sono un capo quasi esclusivamente femminile, i pantaloni a zampa a quei tempi erano diffusi in egual modo tra uomini e donne, dai cantanti agli attori, dai personaggi più noti alle persone comuni. Erano insomma lo standard assoluto di riferimento per tutti.
Negli anni Settanta li ha poi consacrati a modello evergreen l’attrice e icona di stile, Farrah Fawcett, amatissima nella serie tv "Charlie's Angels", tre donne che sono diventate dei veri riferimenti per lo stile e l'immagine delle ragazze di tutto il mondo. Ad aiutare i pantaloni a zampa a diventare popolari ci hanno pensato anche molti personaggi della musica (si pensi anche a Cher). In questo periodo sono stati anche associati indissolubilmente alla musica disco, e conseguentemente sono passati di moda alla fine degli anni settanta.
Successivamente, nel corso degli anni Ottanta, si sono distaccati del tutto dalla originale natura di ribellione hippie e ad essi sono stati gradualmente preferiti tagli di pantaloni molto attillati, pantacollant e fuseaux.
Verso fine anni Novanta si è infine assistito a un rinnovato interesse della moda nei confronti dei pantaloni a zampa, adattati alle nuove tecnologie dell'industria tessile, per tornare in maniera ciclica dopo qualche tempo di assenza.

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Vogue Italia di gennaio è stato una vera piccola rivoluzione (che speriamo possa diventare grande)

30/1/2020

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FotoArtista: Yoshitaka Amano. Modella: Lindsey Wixson. Abito di seta e choker di pelle Gucci
Quello che sta per chiudersi è stato un mese da ricordare per uno dei magazine patinati più famosi di sempre e per il mondo della moda in generale. Per quale motivo? Bè, perché sulle pagine di Vogue Italia, con la creatività e la bellezza che caratterizzano da sempre la storia di questo giornale, si è messa al centro del dibattito una vera e propria presa di coscienza importante da parte di uno dei settori industriali meno sostenibili in assoluto. 
È stato infatti proprio il nostro paese, sotto la guida del direttore Emanuele Farneti, a lanciare l'iniziativa di cui vi raccontiamo in questo post. 

Anzi, ve la facciamo raccontare proprio da lui, attraverso le parole che ha scelto per descrivere la sua idea, del tutto nuova per Vogue, all'interno dell'editoriale del numero di gennaio, che troverete ancora per qualche giorno in edicola:
«Tutte le copertine, e i servizi che vedrete nelle prossime pagine, sono infatti prodotti da artisti che hanno lavorato rinunciando a viaggiare, spedire, inquinare. Sono vere e proprie storie di moda: gli autori sono stati affiancati da stylist, e hanno preso in prestito il volto di donne reali. Ma la sfida era dimostrare che si può, eccezionalmente, raccontare gli abiti senza fotografarli. È una prima volta: Vogue Italia non aveva mai avuto una copertina illustrata e nessun Vogue, da quando esiste la fotografia, ha mai realizzato un numero prescindendone. Otto artisti, notissimi ed emergenti, icone dell’arte e leggende del fumetto, si sono messi alla prova. Ma c’è di più: grazie alla loro generosità, i costi risparmiati per produrre il numero andranno a finanziare un progetto. C’è un luogo a Venezia che la notte resta aperto per gli studenti quando la città spegne le sue luci. È un luogo di arte, di silenzio e di riparo. Si chiama Fondazione Querini Stampalia, è stata gravemente danneggiata dall’acqua alta. Al suo ripristino devolviamo i fondi accantonati. Perché se domani il giornale tornerà alla sua routine produttiva, è bello pensare che qualcosa di questo numero rimanga: un gesto piccolo, però concreto. Come concreto è l’investimento di Condé Nast Italia che, a cominciare da oggi, ha scelto di utilizzare unicamente plastica compostabile per avvolgere la rivista: un costo aggiuntivo, rilevante ma necessario.»

Yoshitaka Amano, Vanessa Beecroft, Gigi Cavenago, Delphine Desane, Milo Manara, Cassi Namoda, David Salle e Paolo Ventura sono gli artisti che hanno prestato il proprio talento alla causa di Vogue Italia rappresentando veri abiti e vere modelle attraverso la propria arte. 
È ben noto e ampiamente dimostrato che l'industria della moda sia una delle meno sostenibili per il nostro pianeta e, come ammette lo stesso direttore di Vogue Italia nel suo editoriale di gennaio, anche i giornali di moda vanno ad aggiungersi in maniera significativa al già pesante fardello che il mondo del fashion porta sulle spalle in termini di responsabilità nei confronti del benessere della Terra. 

Certamente viene piuttosto normale chiedersi: ma cosa sarà cambiato da febbraio in poi dopo questa lodevole e bellissima iniziativa? Vogue Italia tornerà ad essere il giornale di sempre, le conseguenze sull'ambiente dovute dalla normale attività, che lo stesso Farneti ha descritto come «c
entocinquanta persone coinvolte. Una ventina di voli, una decina di treni. Quaranta macchine a disposizione. Sessanta spedizioni internazionali. Almeno dieci ore di luci accese ininterrottamente, alimentate in parte da generatori a benzina. Scarti alimentari dei catering. Plastica per avvolgere gli abiti. Corrente per ricaricare telefoni, macchine fotografiche…» torneranno a impattare negativamente in termini di sostenibilità. 
In realtà però qualcosa è cambiato, eccome. Oltre ad aver dato vita a dei veri e propri gioiellini editoriali, Vogue Italia e il suo direttore hanno messo sotto i riflettori un problema enorme. La presa di coscienza e l'ammissione di quanto grave sia l'impatto che ha un certo tipo di industria, in particolare quella del fast fashion, è un passo fondamentale verso la risoluzione, almeno parziale, di questo grave problema. 
Ci sono parole che ormai sono davvero sulla bocca di tutti... aggettivi come sostenibile,  green, eco sembrano quasi svuotati di senso, ma proprio perché nella maggior parte dei casi vengono pronunciati senza ammissione di colpa. Non è il caso di Vogue Italia, ed è per questo che ci sentiamo di rendere merito a questa iniziativa per il coraggio di mettere nero su bianco, sulle proprie pagine, la propria responsabilità e i primi passi verso una svolta. Una vera piccola rivoluzione che speriamo possa diventare grande.
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Come nasce il colore dell'anno? Dal 2000 con Pantone il color of the year definisce trend e stile

23/1/2020

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Foto@Pantone Color of the Year
Ormai da 20 anni siamo abituati a conoscere quale sarà il colore dell'anno avvenire, ovvero quello che lo caratterizzerà in termini di trend di stile e di design, di scelte e di abbinamenti. Si tratta di una ricorrenza attesa soprattutto dagli esperti dei settori moda e design nelle diverse declinazioni di impiego, ma della quale parlano molto stampa e media con una risonanza molto elevata.
L'annuncio, che viene dato alla fine dell'anno in corso per il prossimo che sta per iniziare, viene veincolato con tanto di motivazioni, ma ci siamo mai chiesti come nasca l'idea di selezionare un determinato colore dell'anno? Com'è venuta fuori questa ormai consolidata usanza, legata specificamente a un marchio leader mondiale, Pantone? Un’azienda di colori che è con il tempo diventata un vero e proprio fenomeno mediatico e commerciale, un marchio famoso e associato in maniera decisa al Lifestyle.

Come nasce "il colore dell'anno"?
Il colore dell’anno nasce dal Pantone Color Institute, una divisione di Carlstadt, una società del New Jersey che include un’agenzia di consulting. Esso è selezionato da un gruppo di esperti che gira per il mondo attraverso gli ambiti più disparati: sfilate, fiere, eventi mondani e mete turistiche di grande rilevanza sociale, ma anche collezioni d'arte, artisti emergenti, realtà tecnologiche ed eventi caratterizzanti un determinato periodo. Facendo ciò, si riesce a far emergere le tonalità più in voga e i trend socioeconomici emergenti, selezionando la tonalità in assoluto predominante sia in termini stilistici sia sociali.

Cosa vuol dire "il colore dell'anno" a livello stilistico e sociale?
Il Pantone Color of the Year influenza lo sviluppo dei prodotti e le decisioni in materia di acquisti in svariati settori, tra cui moda, arredamento di interni, design industriale, imballaggio dei prodotti e graphic design. Ma, oltre a indicare il colore più rilevante in termini di moda e trends, riflette anche il clima e l'atmosfera globale che sta caratterizzando la società. Insomma, un colore che racchiude in sè significati e sensazioni percepibili a livello globale, tra vita mondana e vita reale.

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Tendenze moda donna 2020: è tempo di gonne maxi e stivali, alla maniera di "Piccole Donne"

16/1/2020

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FotoUn'immagine relativa alle riprese del film "Piccole donne"
Uno dei trend che spopola letteralmente nella moda femminile per questo inverno (ma che si protrarrà anche per le stagioni successive, con le dovute declinazioni in base alle temperature) è senza dubbio la gonna. Meglio lunga. Meglio maxi. Meglio se abbinata agli stivali.
Da pochi giorni è uscita al cinema l'attesissima nuova versione del classico "Piccole donne" e pare proprio che, nonostante di tempo ne sia passato dall'epoca narrata in pellicola, una certa parte di stile sia attualissima.
Parliamo appunto delle gonne lunghe abbinate agli stivali, che in alcune immagini relative alle riprese del film sono gli UGG, caldi, comodi, versatili. Per essere precisi, si potrebbe trattare di un "paradosso temporale", dal momento che l'azienda americana produttrice di queste calzature è nata solo nel 1978, mentre l'ambientazione delle vicende di "Piccole donne" è relativa alla seconda parte dell'Ottocento. Ma l'accostamento che ne è venuto fuori è parecchio azzeccato, tanto da diventare un outifit moda tutto da copiare. Perchè? Anche perchè lo styling delle quattro sorelle March, nonchè di tutto il cast che compone il film, è affidato alla costumista inglese pluripremiata Jacqueline Durran (Oscar per i migliori costumi per "Anna Karenina" nel 2013).
Per riprodurre lo stile del film di Greta Gerwig, basterà indossare una gonna ampia e lunga invernale, da sostituire ai vittoriani abiti interi. C'è solo l'imbarazzo in termini di scelta. Potendo approfittare ancora della stagione dei saldi, i negozi sono pieni di gonne di questo tipo. Ogni brand si è sbizzarrito con le gonne! Ce ne sono di materiali più pesanti, di tessuti leggeri e impalpabili, plissettate e non, a tinta unita oppure più fantasiose, ma l'effetto alla moda di gonna lunga con stivale è assicurato.
Per quanto riguarda la parte superiore dell'outfit, è possibile abbinare un maxipull con cintura in vita, un maglioncino più sagomato, magari con il collo alto, e mantella di lana (proprio come nel film) o un semplice cappotto con sciarpone. Ricordiamo anche quanto vada di moda questo inverno la lana con fantasia a quadri o a quadroni (su sciarpe, cappotti, pantaloni, cappe...), sicuramente molto "vintage".
Insomma, il tempo passa, ma la moda...ciclicamente...torna.

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MA COSA TI SEI MESSO IN TESTA? INFO E CURIOSITÀ SUI CAPPELLI DA UOMO PIù FAMOSI DELL' ULTIMO SECOLO

9/1/2020

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FotoUna pagina d'epoca, molto curiosa, che spiega come fare un Pork Pie Hat.
Oggi facciamo un piccolo viaggio tra i copricapo maschili che hanno segnato l'immaginario e l'estetica dell'ultimo secolo e che ancora oggi sono molto comuni tra gli uomini, ma anche tra le donne. 
Si sa, gli accessori sono importanti, nei look femminili quanto in quelli maschili. La scarpa giusta che aggiunge stile e personalità, il gioiello che arricchisce una mise monocromatica o enfatizza una scelta già vistosa, la pochette o il foulard a dare leggerezza a un completo di lana, per esempio, e poi... il cappello!
Un bel cappello, se ben portato, se indossato con convinzione e personalità, può davvero cambiare tutto. In tanti film, soprattutto in quelli in bianco e nero, quanti attori e quante attrici ci hanno letteralmente paralizzato per il carisma e la sensualità che trasmettevano​​ proprio grazie agli sguardi che sfuggivano dai cappelli a tesa larga o dalle velette?
Vediamo insieme i cappelli da uomo più famosi dell'ultimo secolo: 
  • IL BORSALINO. Orgoglio italiano. Deve il suo nome a Giuseppe Borsalino, suo inventore. Il borsalino è un cappello invernale di feltro soffice. Presenta una tesa stretta (6 cm) e una consistenza rigida. La cupola è a tronco di cono, pizzicottata nella parte anteriore su entrambi i lati. Su tutta la circonferenza lo attraversa una fascetta di stoffa più scura. Adatto a stili impeccabili come quelli dei bellissimi Alain Delon e Jean-Paul Belmondo. I due hanno recitato insieme in un film del 1970 intitolato proprio Borsalino per via dei cappelli indossati dai due protagonisti. Viene spesso confuso con il cappello fedora. 
  • IL FEDORA. Origini inglesi. Molto simile al borsalino, si distingue dal primo in particolare per le dimensioni della tesa e per la consistenza generale della struttura. Il fedora è morbido, meno impostato e ha la tesa più larga (7.5 - 8 cm). Esempio lampante di quella che viene definita la “Sprezzatura”, cioè l’arte di vestirsi ed atteggiarsi come se si fosse del tutto disinteressati al proprio look. In realtà, c'è molta ricerca per apparire come si appare, niente è lasciato al caso. Frank Sinatra, con quel suo atteggiamento un po' scanzonato e quel suo modo di appoggiarlo sulla testa alla "un po' come viene", non se ne separava mai ed era molto attento a come indossarlo.
  • L'HOMBURG o LOBBIA. Origini tedesche. Anche questo cappello è a prima vista molto simile ai primi due. Si chiama così perché Edoardo d’Inghilterra, figlio della regina Vittoria e futuro Edoardo VII, si trovava a Bad Homburg, in Germania, quando decise di farsi confezionare un nuovo cappello che, divenuto poi famoso, prese appunto il nome di quella località. Viene chiamato anche cappello “alla diplomatica”. In Italia lo conosciamo anche come lobbia legandolo a un altro avvenimento storico: Cristiano Lobbia fu un politico italiano vittima nel 1869 di un’aggressione nella quale l’aggressore gli ammaccò il cappello. Da allora il cappello ha una «ammaccatura» sulla corona che ne è diventata la caratteristica principale. Altro segno distintivo di questo copricapo è l’ala arricciata ai fianchi e rollata, un po’ come quella del cappello a cilindro. La cupola è floscia e morbida così da poterla piegare a mano. 
  • IL TRILBY. In origine destinato alle donne, deve infatti il suo nome alla protagonista di una commedia teatrale di fine Ottocento che, alla prima di un suo spettacolo, indossò un cappello con questa fattura. Il trilby ha una corona più corta, stretta e inclinata rispetto al fedora. Dagli anni Venti in poi divenne popolarissimo anche tra gli uomini. Fu molto utilizzato negli anni Sessanta per un motivo pratico: i tettucci delle auto erano bassi e lo spazio ridotto, occorreva quindi restringere anche il cappello! È a tutti gli effetti un cappello unisex.
  • IL PORK PIE HAT. Cupola piatta e rotondità perfetta, con ala stretta 4.5 cm circa. Deve la sua diffusione a un film del 1971, The French Connection. In questa pellicola lo indossava Gene Hackman. Deve invece il suo strano nome alla somiglianza con una tipica torta inglese fatta di carne di maiale. L'idea del nome per associazione con la torta fu di alcuni musicisti jazz e blues di New Orleans, tra i quali il cappello era molto diffuso.
  • IL PANAMA. Origini ecuadoriane. Inizialmente si chiamava con lo stesso nome della città dove veniva e viene ancora prodotto: “Jipijapa”.  Tradizionalmente questi cappelli venivano realizzati con foglie intrecciate della Carludovica palmata, una pianta simile alla palma. I più rari e costosi possono contare fino a 800 -1000 foglie per cm quadrato. Il nome di Panama si deve a un avvenimento storico: nel 1906 il presidente americano Theodore Roosevelt lo indossò durante la cerimonia di inaugurazione del canale di Panama. In questa occasione il Jipijapa diventerà famoso nel mondo come "panama". Ancora oggi è considerato un accessorio estivo irrinunciabile.
  • LA PAGLIETTA. È un cappello caratterizzato da una cupola dritta e piatta, e dalla falda circolare, rigida e corta. Spesso la cupola è circondata da una fascia di gros grain. Tradizionalmente maschile, dagli anni Venti diventò di uso comune anche tra le donne (fu addirittura adottato come parte dell'uniforme estiva dei collegi femminili britannici). Il suo utilizzo veniva spesso associato allo sport del canottaggio, i gondolieri a Venezia indossano la paglietta. Tra i suoi più fedeli ammiratori personaggi celebri come Maurice Chevalier, Gabriele D'Annunzio, Italo Svevo.  
  • IL CAPPELLO A TESA LARGA. Ma larga larga! Si tratta di un incrocio tra un ampio fedora e un cappello western, anche se è esattamente l'opposto di quello schiacciabile e/o arrotolabile. Caratteristiche principali: molto strutturato e rigido e molto molto largo. Di gran moda negli ultimi anni. Avete presente L'uomo dal cappello giallo, amico della scimmietta George del fortunato cartone Curioso come George? Ecco.  
  • LA COPPOLA. Diffuso un po' in tutto il mondo, spesso utilizzato dalla classe operaia. I materiali usati includono lana, tweed (i più comuni) e cotone. Meno comuni il cuoio e il velluto a coste. L'interno del berretto è generalmente rivestito per un maggior comfort e calore.
  • IL BERRETTO DA BASEBALL. Chi non ne ha mai indossato uno? Il più semplice e meno pretenzioso di tutti i copricapo, il cappellino con visiera. Per fare sport o in viaggio, in spiaggia o in città, tra i giovani e tra gli sportivi è il numero uno! Quello da baseball nello specifico è morbido, ma con una visiera più importante dello standard cui siamo abituati oggi. È spesso dotato di velcro o elastico sul retro per adattarsi a tutte le taglie.
  • IL BEANIE o ZUCCOTTO. Il più semplice e pratico dei copricapo invernali. Realizzato in lana o cashmere, tiene la testa ben al caldo fasciandola completamente. Per chi ama i capelli in piega perfetta non è certamente l'ideale. È noto anche come zuccotto, da non confondere però con lo zucchetto, che identifica invece la papalina che usano il papa (bianca), i cardinali (porpora) e i vescovi (viola). 
Come detto all'inizio, ormai la distinzione di genere non ha più molto senso. Questi cappelli, nati per un pubblico maschile (ad eccezione del trilby), sono poi diventati praticamente unisex.
Proprio pochi giorni fa, per esempio, è stata Kate Middleton a sfoggiare un elegante look dominato da un bellissimo cappello fedora.
Si sa, il Regno Unito è la patria del cappello!

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La moda che non ha età: Joan Collins protagonista della campagna natalizia di Valentino e altre muse over 70

21/11/2019

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Foto
A 86 anni l'attrice statunitense Joan Collins è il volto della campagna natalizia della maison Valentino. Ma come lei Iris Apfel, Benedetta Barzini, Twiggy, e tante altre donne over 70 continuano a ispirare la moda.
La tendenza in fatto di moda è attualmente quella di lavorare molto sull'inclusione. Troviamo non a caso donne con fisici molto diversi su passerelle e riviste patinate, dalle taglie curvy a un'età non più giovanissima, e voglia di mostrare con orgoglio imperfezioni fisiche, capelli lasciati al loro colore naturale, limitazioni che diventano punti di forza e differenze che rendono uniche. Nonostante sia doveroso sottolineare che non siamo ancora pienamente pronti ad "accettare" qualcosa che va oltre il solito sterotipo, è allo stesso tempo importante evidenziale le iniziative che si muovono nella direzione dell'inclusione. Qui approfondiamo il tema dell'"Age Diversity" nel mondo del fashion, ovvero di come l'età delle modelle e delle testimonial di moda sia diventata più fluida, fino ad arrivare a volti anche ultra novantenni.
Avevamo già dedicato un articolo alla mitica Iris Apfel, che all'età di 97 anni è ancora modella, creatrice di tendenze ed è divenuta anche una bambola Barbie di grande appeal per collezionisti e non.
Ultima in ordine temporale, che sta facendo parlare di sè, è Joan Collins, volto e testimonial d'eccezione del marchio Valentino. Con un abito lungo in pizzo rosso, tiara in testa a collier di diamanti, stile che ricorda molto i look sofisticati della star di "Dynasty", Joan Collins è la protagonista della campagna natalizia. Diretto da Barbara Anastacio e ambientato in una lussuosa villa londinese, il cortometraggio è diviso in tre capitoli e segue la storia di un gruppo di amici riuniti in una serata di festa non molto entusiasmante. Sarà proprio Joan Collins a movimentare l'atmosfera con musica, balli e tanti regali firmati Valentino. L'attrice, che lo scorso maggio ha compiuto 86 anni, diviene quindi un'elegante maestra di feste e una "Mamma Natale" che riesce a portare magia e buonumore a giovani un pò ingrigiti nell'animo.
Ricordiamo poi anche la sempre bellissima Benedetta Barzini, classe 1943, tra le prime top model italiane a spopolare in tutto il mondo. Con sguardo sereno rilascia dichiarazioni "Preferisco la vecchiaia", mostrando orgogliosa le sue rughe anche nel mondo super patinato di campagne e riviste di moda. Basta guardarla negli scatti di Gucci, fiera ed elegante con i suoi capelli grigi e una bellezza che mostra il trascorrere del tempo come Natura vuole.
C'è poi anche una 74enne incantevole che solo un paio di mesi fa aveva prestato il volto per l'Oréal Paris, alla Paris Fashion Week, l'attrice inglese Helen Mirren. Luminosa e spumeggiante con la sua chioma bianca al vento e un viso percorso da rughe che nulla tolgono al suo fascino.
Sulle ultime passerelle abbiamo visto sfilare anche tanti altri illustri esempi di donne non più giovanissime, come la neo settantenne Twiggy, avvolta dal suo fascino etereo e immortale. Ma non sono mancati anche volti sconosciuti a calcare i palcoscenici di moda, persone "normali" con "qualche anno in più" scelti ad esempio da Margherita Missoni per le sue sfilate.
Impossibile non chiudere questa breve rassegna con un'attrice italianissima e bellissima: Sofia Loren, ormai signora di 85 anni, che continua a condurre una vita densa di impegni professionali come testimonial. Ultimamente l'abbiamo vista nelle campagne di Barilla e di MCS Crociere, ma solo tre anni fa è stata la musa ispiratrice degli spot e delle sfilate di Dolce e Gabbana.

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Anfibi e Combat Boot: ecco le scarpe dell'autunno inverno 2019-2020. come abbinarli?

7/11/2019

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FotoUn paio di Dr Martens neri
Le scarpe della stagione, declinabili per ogni occasione, sono senza dubbio gli anfibi. Ecco come torna di moda una calzatura iconica degli anni Novanta e 5 modi per indossarli.
Ve li ricordate i magnifici Dr Martens che hanno letteralmente spopolato soprattutto nella seconda metà degni anni Novanta? Una scarpa che ha segnato una generazione e che poi ha continuato a vivere nonostante un fisiologico calo nei gusti che inevitabilmente cambiano prendendo nuove direzioni. Ma in generale, quel periodo ha visto un grandissimo utilizzo di anfibi, di qualsiasi marca fossero, ma meglio se neri, classici anfibi o Combat Boot, da portare dal mattino alla sera.
Bene, nonostante non siano mai scomparsi totalmente dai look femminili, questa stagione autunnale-invernale tornano in maniera prepotente. Resistenti, versatili, alla moda, anche glamour se si vuole...gli anfibi hanno molte più potenzialità di quanto si possa immaginare, abbinandosi alla perfezione anche mise più bon ton e romantiche. Da indossare con i collant (e anche in questo caso ce ne sono tantissime varianti) o senza, per le più temerarie.
Hai un paio di anfibi? Ecco quanti modi ci sono per indossarli!
  • Anfibi con jeans e maxi cappotto
Ecco il look più classico e perfetto per il giorno. Anfibi neri o colorati per chi ama osare, jeans (ce ne sono di tantissimi modelli alla moda questo inverno, ma meglio a vita alta), maglioncino monocolore a collo alto aderente da mettere dentro al jeans con la cintura in vita oppure bello largo, e cappotto over size, anche a quadroni. Borsa a mano grande o zainetto, per completare il look.
  • Anfibi con abitino a quadri
Nostalgica dello stile intramontabile di "Friends", "Beverly Hills 90210" and company? Di quell'immagine decisamente "Nineties"? Perchè non provare ad abbinare un paio di anfibi neri con un abitino corto e aderente a quadri. Smanicato, con una camicia bianca da indossare sotto, e una borsa nera taglia mini. Come capospalla, una giacca di ecopelle oppure un cappotto corto. Sono mise perfette per uscite di giorno e per serate casual.
  • Anfibi con gonna in tulle e giacca taglio maschile
Romantica ma senza eccessi. Ecco un mix che unisce alla perfezione animo rock, animo romantico e animo mascolino. Anfibio nero, una gonna in tulle magari di un colore chiaro o dorato, maglia o canotta e sopra una giacca nera dal taglio maschile molto di tendenza in questo periodo. Una piccola tracolla e qualche accessorio nei capelli, al collo o alle orecchie sarebbero il tocco finale perfetto.
  • Anfibio con abito romantico e cappottino
Ecco una buona soluzione per le serate invernali. Di abitini girando per i negozi ce ne sono per ogni gusto, più basici, floreali o con fiocchi e maniche a palloncino. In molti casi in perfetto stile Kate Middleton, bon ton e leggeri. Perfetti se raggiungono almeno il ginocchio, scendendo sul polpaccio, e molto belli abbinati ad anfibi neri, con borsa a tracolla preziosa, cappottino lungo e cappello.
  • Anfibio con giacca in ecopelle e gonna
Un altro abbinamento, per chi ha un animo più rock, è l'anfibio nero con la giacca di ecopelle nera, il classico chiodo molto presente in questa stagione. Ideale con gonna fantasia e dolcevita nero. Anche in questo caso, come borsa andrebbe bene uno zainetto oppure una borsa a mano taglia maxi.

E tu, che abbinamento preferisci per indossare un paio di anfibi?

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MODA DONNA AUTUNNO-INVERNO A TUTTO JEANS: E TU, CHE MODELLO PREFERISCI?

24/10/2019

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FotoIllustrazioni di jeans dal libro "Ma come ti vesti?" di Carla Gozzi ed Enzo Miccio - Rizzoli
Sicuramente una certezza della stagione fredda sono i jeans. Strappati, a zampa, a vita alta, larghi o dritti: ce n'è per ogni gusto e fisico. Ecco la carrellata di quelli più alla moda in questa stagione.
Il jeans è un capo versatile, giovanile, comodo e che si combina in un'inifinità di modi diversi. L'unica accortezza è la scelta del tipo più consono al proprio fisico, potendo contare su una grande gamma di modelli. A seconda del modello, appunto, e del colore il jeans si presta a occasioni diverse, cambiando completamente il look generale. Il colore del tessuto denim spazia dal blu scurissimo (blue black) fino ad arrivare a nuance di azzurro acquerellato (denim bleached). Ma usatissimi sono anche i jeans neri e quelli bianchi.
Quali sono i modelli più di moda per la stagione autunno-inverno 2019-2020? Scopriamo insieme di cosa si tratta e come si abbinano al meglio.

Jeans a vita alta
Un modello che sta letteralmente spopolando. Da portare con o senza cinturina a seconda di come calzano. Ricordano molto i mitici anni Settanta, le Charlie's Angels solo per citare un esempio: femminili, avvolgenti e sofisticati. Come indossarli? La vita delineata è il loro punto forte, dunque assolutamente da non nascondere ma da esaltare. Quindi via libera a top, maglie, lupetti aderenti o camicie morbide infilate. Al di sopra, come capospalla, perchè non provare un cardigan oversize oppure un cappotto di lana con la cintura in vita. Per quanto riguarda le scarpe, perfette le décolleté o i sandali alti, ma anche le sneakers evergreen. Un loro grande pregio è che allungano visivamente di diversi centimetri la statura e le gambe. Modello skinny, bootcut, a zampa o carrot cut sono tutti belli.

Jeans a zampa
Sempre rimanendo in tema Seventies, ecco il grande ritorno dei jeans a zampa. Chi ne conserva un paio in armadio potrà ridargli finalmente vita, senza avere paura di creare un effetto démodé. In caso contrario non sarà difficile trovarne un bel esemplare in giro per i negozi. Questo modello si porta sia con la scarpa alta sia con quella bassa, ma attenzione che potrebbe rendere un pò tozza l'immagine generale. Come indossare i jeans svasati? Con i maxi cappotti in pelliccia sintetica, un pullover e magari una cintura sottile per sottolineare il punto vita e allungare la figura.

Jeans strappati
Sicuramente ognuno di noi avrà visto portare con disinvoltura un paio di jeans strappati. Alle ginocchia, ad esempio. Tagli netti sulla lunghezza del pantalone, oppure con un orlo molto sfrangiato. E spopola soprattutto tra i personaggi famosi, che hanno diffuso la moda a tutti i livelli. Per chi ama questo capo, però, sarebbe il caso di abbinarlo con altri indumenti e con accessori ragionati e magari un pò più lineari e basici. Con un blazer oversize accompagnato da una cintura impreziosita e un paio di stivaletti con il tacco, ad esempio, sarebbe un abbinamento perfetto. Diciamo che il rischio è creare una figura trasandata. Quindi è importante pensare bene all'effetto finale che si vuole creare.

Jeans ampi
Larghi, molto larghi, meglio se a vita alta, a ricordare la moda anni Novanta. Ecco i jeans che stanno spopolando in autunno. Il look potrebbe ricordare molto quello delle ragazze di Friends, con pull molto ampi, oppure con giacca in ecopelle e mocassini, oppure ballerine e sneakers. Diciamo che spesso sono modelli corti alla caviglia, che si vede rimanendo per lo più scoperta. Si tratta di jeans che non evidenziano le forme femminili, per cui si potrebbe puntare su accessori un pò più evidenti o su un trucco o un'acconciatura più accattivanti.

Jeans dritti alla caviglia
Questo è l'anno delle taglie maxi nell'abbigliamento femminile. Cappotti, piumini, blazer, maglioni, t-shirt: insomma, tutto ciò che veste la parte superiore è preferibile che sia over. A delineare la figura solo le cinture che tornano prepotenti al punto vita. Quindi in questi casi ampio spazio ai jeans dritti alla caviglia, classicissimi e sempre presenti nell'armadio.

Jeans neri
Torna di moda il jeans nero, da sempre in seconda posizione rispetto al classico blue jeans. La cosa interessante è che questo colore è perfetto per situazioni anche più formali, quando si voglia evitare un tailleur troppo classico. I jeans neri sono perfetti alleati durante la stagione autunnale e invernale. Di mattina con maglioncino colorato, scarpa bassa e piumino, la sera con camicia, giacca, scarpa alta e cappotto. Insomma, abbinabile sempre e comunque.

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MALEFICENT 2: COME NASCE IL LOOK DI MALEFICA? QUANDO LA MODA INCONTRA IL CINEMA

17/10/2019

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FotoAngelina Jolie nei panni di Malefica
E' il brand inglese Ralph & Russo il creatore dell'abito simbolo indossato sul grande schermo da Angelina Jolie per impersonare la malvagia Disney più amata e ammirata. Ecco come nasce lo stile Malefica.
A cinque anni dal successo di "Maleficent", strepitosa realizzazione Disney che ha consacrato Angelina Jolie nelle vesti perfette di strega Disney affascinante e glamour, da oggi 17 ottobre torna al cinema il sequel del film ispirato al cartone del 1959 "La bella addormentata nel bosco".
In "Maleficent 2: Signora del male", la storia si concentra sul rapporto complesso e profondo tra la dolce Aurora e la perfida Malefica, nel momento in cui la fanciulla viene chiesta in sposa dal principe Filippo. Sempre protagonista, nel bene e nel male, la creatura alata piena di fascino straordinario e di elementi estetici davvero interessanti. Non a caso il look di Malefica è frutto di una lunga lavorazione e risultato di una fase ideativa e creativa complessa. A colpire già a primo sguardo, il makeover pensato dal beauty artist Paul Gooch e gli abiti realizzati da Ellen Mirojnick, per un'immagine totale davvero sorprendente e credibile. La costumista ha voluto interpretare, attraverso gli abiti di scena, tutto il misticismo di un’epoca a cavallo tra Medioevo e Rinascimento nel regno fiabesco di Ulstead.
Dietro l'immagine austera di Malefica c'è però anche la creatività di Ralph & Russo. Il brand di moda inglese ha lavorato insieme alla Disney per realizzare un costume capace di raccontare l'oscurità intrinseca del personaggio, anche grazie alle lavorazioni artigianali caratteristiche dell'Haute Couture. Si tratta di un abito molto rappresentativo del film, quello della svolta, dell’evoluzione interiore del personaggio di Malefica. Il risultato è frutto di una serie di tecniche, tra cui il taglio laser e la pittura a mano. Nel video, qui sotto, viene raccontata tutta la maestria degli artigiani che hanno realizzato questo vestito. Il costume nasce da una combinazione di tecniche che dal rendering digitale passano al taglio al laser, fino all’utilizzo di una particolarissima pittura a mano. L’abito è stato infatti assemblato seguendo una precisa serie di fasi creative, per ottenere un aspetto dark e sensuale, dall’effetto nude.

Di seguito un video dal canale Youtube ufficiale di Ralph & Russo che mostra alcune fasi creative.

Leggi anche:
Maleficent 2 e tutti gli altri film in uscita giovedì 17 ottobre 2019

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TENDENZE MODA DONNA PER L'AUTUNNO: oversize, moda green, borse mini, animalier...E TU, COSA NE PENSI?

10/10/2019

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FotoDettaglio da una vetrina di Zara
Parole d'ordine: tagli ampi, giacche da "rocker", collant che catturano lo sguardo, borse formato mini, moda ecosostenibile. Ecco alcuni dei trend più amati per questo autunno 2019.
All'inizio di una nuova stagione, esperti di moda, riviste patinate e portali web di settore inevitabilmente fanno la loro analisi relativa alle nuove tendenze che caratterizzano il periodo. "Must have", "capi immancabili nel guardaroba", "mai-più-senza" e via dicendo spopolano tra i titoli di moda. Abbiamo fatto una sintesi delle tendenze più diffuse e maggiormente caratterizzanti la stagione autunnale. Voi siete d'accordo? Se sì, in quale capo (o filosofia di abbigliamento) vi rispecchiate di più?

Blazer oversize
Preferibilmente a scacchi, è il capospalla più amato e versatile. Stop a tagli attillati che definiscono la silhouette e via libera alle giacche con misure molto abbondanti, perfette da abbinare ai pantaloni. Comodo da utilizzare anche in modalità "trench", stretto in vita con una cintura, abbinato a mini gonna o shorts e t-shirt. Un capo poliedrico con abbottonatura monopetto o rigoroso doppiopetto e proposto in numerose varianti di colori, motivi e ricami.

Cappotti, piumini e cappe (oversize)
Abbiamo capito che la misura dei capispalla, ma non solo, è il formato maxi. L'offerta del mercato della moda è infatti piena di cappotti, cappe ma anche piumini ampi, che non vanno più a sagomare la figura. Tutto XL, morbidissimi e dal fitting oversize: così li hanno mostrati gli stilisti sulle passerelle.

Giacca in ecopelle "rocker"
Rock chic: la giacca biker in pelle corta è l'emblema rock di oggi e di ieri da abbinare a una t-shirt e un pantalone elegante da tailleur. La giacca di pelle (ormai divenuta ecopelle) è tra quelle più fashion della stagione, utilizzabile dalla mattina alla sera a seconda di come la si combina. Si trova nella proposta classica, semplice ed essenziale, ma anche ricoperta di borchie o arricchita di frange.

Abitini leggeri stampe e colori
Le vetrine sono piene di abiti morbidi dallo stile bon ton e nelle stampe più disparate, senza eccessi, ispirati agli outfit della duchessa Kate Middleton. Ideali da abbinare alle décolleté, per la sera e per occasioni formali, ma soprattutto a stivaletti bassi, fino a metà polpaccio. Accessori prettamente monocolore.

Cintura a vita alta
Per contrastare con i tagli oversize, la tendenza è quella di giocare sugli effetti largo-stretto. Si definisce in questo modo solo il punto vita lasciando le misure sovrabbondanti di cardigan o abiti caratterizzati anche da maniche a palloncino.

Mini bag
Le borse formato maxi lasciano il posto alle mini-bag. Ovviamente meno comode e poco pratiche, la concezione della borsa è più quella di un accessorio che impreziosisce il look totale, un gioiellino insomma, che quella di svolgere una funzione contenitiva. Il vantaggio però c'è: portate a tracolla non appesantiscono, né l'outifit né la silhouette.

Collant (meglio se con loghi o lettere)
Grandi protagonisti dell'autunno, i collant. Se ne vedono in tantissime  proposte: con grafiche macro, con pizzi, fiori, pois, animalier. Ma anche in versione "logomania", con loghi e lettere oppure come tela bianca per frasi d’amore. Immancabile l’ispirazione al tema della luce con modelli metallizzati oppure vere e proprie calze gioiello con sfarzosi micro cristalli.

Nuance arcobaleno
La stagione fredda si tinge di colori forti e forti contrasti. Mix and match dal sapore di azzardo, nuance vivacissime e tinte arcobaleno nella sua versione più brillante di sempre. Dai piumini, ai cardigan over, a borse e accessori.

Animalier
Sempre attuale un pezzo "jungle print" nel guardaroba. Dettagli leopardati saranno sempre molto presenti, ma le stampe animalier saranno anche altre, e piuttosto inedite. Spazio a tigrato e zebrato, da saper gestire al meglio per evitare esagerazioni.

Moda ecosostenibile (anche nel settore "bridal")
La sostenibilità diviene la nuova frontiera dell'industria dell'abbigliamento. Sempre più brand abbandonano pelle, pellicce e filati animali per i tessuti sintetici. L'ondata della filosofia "Green" ripensa la moda in chiave ecologica. La sostenibilità contagia anche il "wedding": si sperimentano nuovi matriali all'interno degli atelier di mezzo mondo, sia piccoli artigianali sia grandi aziende internazionali. L'abito da sposa eco-friendly, infatti, è un nuovo protagonista di un settore, quello del “bridal fashion”, che nel 2020 raggiungerà un valore globale di 80 miliardi di dollari, secondo stime di Global Industry Analysts.

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settimana della moda: come e perche' milano e' diventata la capitale italiana del fashion

19/9/2019

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Ogni anno si svolge la Milano Fashion Week, riferimento nel mondo della moda e del design. Ma perché proprio Milano è ritenuta la città della moda italiana per eccellenza?
In questi giorni l'informazione di settore non fa altro che parlare della Settimana della Moda milanese, riferimento per il mondo del fashion mondiale, occasione per gli stilisti emergenti, vetrina per mostrare una Milano al passo con i tempi, che osa, che anticipa le tendenze.
Ma Milano è stata sempre la città della moda? No, e il primato spettava a un'altra realtà. Il percorso fatto dal capoluogo lombardo per arrivare sul primo gradino della moda italiana è stato lungo, tra coincidenze fortunate e una buona dose di capacità organizzativa e creativa, e lungimiranza. 
In principio c'è stato l'Ente Nazionale della Moda Italiana , fondato nel 1935 a Torino da un gruppo di imprenditori della città sabauda al fine di dare maggiore risalto alla qualità delle creazioni di moda italiana e una spinta all'economia del settore creativo e tessile. Anche grazie a questo impulso, e a una sempre maggiore coscienza delle potenzialità, tra il secondo dopoguerra e gli anni Sessanta si svolgono, soprattutto nelle città di Roma, Milano e Venezia, importanti eventi di moda. E' quello il periodo d'oro della manifattura toscana, con Firenze culla di sartorie di elevato valore e fucina di prestigiose produzioni. Non a caso proprio lì nasce, nel 1951, First Italian High Fashion Show , ovvero il primo evento che intendeva diffondere la cultura sartoriale "made in Italy", lo stile e la creatività tipica della tradizione italiana nel mercato nord americano. Un'occasione di incontro con i buyers statunitensi e di promozione dei prodotti più innovativi dell’alta moda italiana che faceva innamorare anche grazie alle produzioni cinematografiche girate a Cinecittà.
Nel tempo, comunque, le città della moda si erano comunque sempre diversificate i "compiti": Roma si era focalizzata principalmente sulle creazioni dell'alta moda, a Firenze continuava a primeggiare la moda sartoriale realizzata in esclusive boutique artigiane, Milano e Torino, grazie alla forte vocazione industriale del territorio, iniziavano a produrre abiti in serie sfruttando misure standard. Quella che poi divenne la moda prêt-à-porter. Nel 1958 nasce la Settimana della Moda di Milano, mentre a fine anni Sessanta MilanoVendeModa. Il capoluogo lombardo, infatti, iniziava a investire molto nel settore, spinto anche dal lavoro delle principali case editrici italiane che lì avevano la sede, e che dedicavano al tema della moda ampio spazio. Tante le riviste di settore che prendevano piede negli anni Sessanta e Settanta: Grazia, Amica, Vogue, Cosmopolitan e Annabella.
Durante gli anni Ottanta tutti i maggiori stilisti italiani iniziano a farsi conoscere a livello internazionale, arrivando a vestire star del jetset hollywoodiano: Valentino, Ferrè, Armani, Versace diventano dei veri e propri giganti dell’industria del fashion mondiale. Il loro fascino, l'innovazione, e lo spirito d'iniziativa della città hanno dato sempre di più un impulso irrefrenabile agli eventi della moda milanese, decretandone così a livello internazionale il primato di città glamour e modaiola. 

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Peter Lindbergh, il fotografo che ha rivoluzionato gli scatti di moda

5/9/2019

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FotoPeter Lindbergh con l'attrice Penelope Cruz
Uno dei più grandi esponenti della fotografia di moda al mondo: chi era Peter Lindbergh e cosa ha creato il suo estro artistico senza tempo.
Le sue creazioni fotografiche sono esposte nei maggiori musei del mondo e la sua visione "umana" più che patinata delle pellicole artistiche uscite dalla sua macchina sono un esempio emblematico di come anche nel mondo del fashion si possa rimanere con i piedi ben piantati a terra, esaltando la bellezza naturale e intrinseca di una persona. Sì, perché per Lindbergh la fotografia altro non è che la manifestazione su carta dell'umanità più profonda e sincera che si cela dietro un volto. Sui suoi set fotografici giungevano gli abiti più sfarzosi, le più affascinanti creazioni di moda del momento, beauty set da make up indimenticabili e tutto l'occorrente per lasciare senza fiato. Ma il fotografo polacco preferiva una t-shirt bianca, un paio di jeans, una camicia ampia, capelli e viso al naturale. E le fotografie risultanti, squisitamente in bianco e nero, erano l'essenza della bellezza e dell'eleganza. Quel bianco e nero riconoscibile, caratterizzato da neri profondissimi come il petrolio e la scala dei grigi con la grana inconfondibile della pellicola. Peter Lindbergh ha sempre continuato a usare la macchina analogica, consumando rullini su rullini. Non amava il digitale e le sue alterazioni. 
Il mondo della moda gli conferisce il grande merito di essere riuscito a liberare le donne da quello che lui stesso definiva "il terrore della perfezione". Un problema, soprattutto femminile, di non essere "abbastanza" di qualcosa: alte, magre, giovani, attraenti...

Le donne che ritraeva non erano statici e amorfi "manichini" su cui dipingere trucco e posare abiti, ma donne con una propria autenticità, con una personalità singolare, dinamiche e vive. A un occhio superficiale, i suoi scatti sembravano più foto di backstage che da copertina. Ma il merito e le gratificazioni di dipingere il mondo patinato in maniera più genuina non sono mancate, e anzi lo hanno reso firma fotografica immortale e riferimento indiscusso. 

Chi era Peter Lindbergh? Note biografiche
Peter Brodbeck (questo il suo vero nome) nasce a Leszno, in Polonia, ma è in Germania che si avvicina alla fotografia e lì inizia la sua formazione. E' assistente di Hans Lux finché non si trasferisce a Parigi, dove si avvicina al mondo della moda. A lanciarlo, Franca Sozzani, che lo considerava un maestro dotato di un talento esclusivo quando era ancora sconosciuto. Produce servizi per Vogue, Vanity Fair e Harper’s Bazaar e il fashion si interessa sempre di più ai suoi lavori. La sua mano emerge prorompente negli anni Ottanta, quando la direzione dello scatto di moda era quella di immagini piene, ricche, colorate. In contrasto con le sue personali ispirazioni al cinema, ai paesaggi industriali tedeschi, al realismo di Dorothea Lange e Walker Evans. Per questo lavora anche per testate come The New Yorker, Rolling Stone e il Wall Street Journal Magazine. 
Lavora con le modelle più richieste, da Christy Turlington, Naomi Campbell a Linda Evangelista, da Eva Herzigova, Cindy Crawford, Kate Moss a Stephanie Seymour, e le attrici più note, da Isabella Rossellini, Monica Bellucci, Uma Thurman a Penelope Cruz, Kate Winslet, Angelina Jolie e tantissime altre. 
Il suo ultimo lavoro, i ritratti per la copertina di Vogue Uk, realizzato con il contributo speciale di Megan Markle.

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90 anni di luisa via roma: storia di una piccola boutique fiorentina divenuta riferimento e-commerce del lusso

19/6/2019

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Da bottega di cappelli in via Roma a Firenze a piattaforma di successo per la vendita di prodotti del mercato del lusso mondiale: ecco la storia di Luisa Via Roma, che quest'anno festeggia 90 anni!
Mega eventi a Firenze per i primi 90 anni di Luisa Via Roma: in questi giorni il capoluogo toscano ha radunato le più acclamate top model, i maggiori brand del mondo del lusso e innumerevoli volti noti del fashion e dello show business planetario per celebrare la ricorrenza del marchio fiorentino. Nato con boutique di cappelli dai semplici propositi, oggi Luisa Via Roma è sinonimo di piattaforma e-commerce dei più prestigiosi marchi esistenti, riferimento per l'effimero quanto accecante sistema del lusso mondiale.

La storia del marchio Luisa Via Roma
Tutto ha inizio alla fine degli anni Venti, quando la francese Luisa Jaquin apre una bottega di cappelli in paglia a Parigi, insieme a suo marito fiorentino Lido Panconesi. Persi tutti gli averi con il gioco, i due fuggono in Brasile in cerca di fortuna e, dopo averla maturata, decidono di trasferirsi proprio a Firenze. Una città da sempre aperta alle sperimentazioni stilistiche e brulicante di amore per la moda. E' proprio qui, in via Roma precisamente, che Luisa apre il suo negozio di cappelli. Il marito la sprona ad aprirsi al mondo della moda a tutto tondo, e così gradualmente il business della donna si sposta anche verso il confezionamento di abiti da signora. Nonostante le buone vendite e i risultati raggiunti, la coppia vende la fabbrica di abiti nel 1968, ma l'ingresso del loro nipote, Andrea, porta una ventata di novità. A Parigi, scopre uno stilista giapponese fortemente all'avanguardia, Kenzo. Il designer presenta la sua prima collezione (autunno/inverno 1968/69) nella boutique della casa fiorentina. A quei tempi molti dei grandi brand di oggi stavano muovendo i  loro primi passi nel mondo della moda, quando entrano a far parte della selezione di Luisa Via Roma.
Negli anni Ottanta, il marchio diviene punto di riferimento per gli amanti del mondo del lusso, tra le boutique del settore più apprezzate al mondo
. Panconesi e i suoi buyers assistono con viva passione alle sfilate di  Parigi, New York, Londra e  Milano per selezionare i capi più chic e all’avanguardia dei migliori designer internazionali. 
A inizio 2000 viene lanciata invece la piattaforma e-commerce luisaviaroma.com, per incontrare le crescenti richieste dei clienti esigenti ma lontani fisicamente. Da allora, la sua visione aziendale è quella visionaria e avanguardista che la ispirò fin dalla scoperta di un maestro della moda come Kenzo. Il brand è infatti costantemente alla ricerca di stilisti emergenti e designer creativi che lascino il segno. Importanti ed efficaci le collaborazioni commerciali condotte nel corso degli anni Duemila, nella direzione del "marketing empirico", ovvero offrire esperienze oltre che prodotti. In particolare, a partire dal 2008-2010, il brand punta alla eco-compatibilità, a partire dagli allestimenti delle vetrine alla strutturazione degli store, abbracciando sempre l'idea di un coinvolgimento del cliente, una interattività che vada oltre la semplice fruizione passiva. 

Lo store online ha ospitato e ospita capi di alta moda per uomo, donna e bambino (ma ci sono anche le voci beauty e casa) disegnati da nomi altisonanti, da Alexander McQueen, Balmain, Chloé, a Dior, Dsquared2, Dolce & Gabbana, da Givenchy, Lanvin, a Roberto Cavalli, Saint-Laurent, ma anche creazioni di designer creativi e all’avanguardia su cui puntare per il futuro.

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h&m e le collaborazioni con stilisti e designers: come il low-cost sposa l'alta moda

6/6/2019

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FotoAlcune delle capsule collections di stilisti di alta moda per H&M
H&M continua a stupire: da Karl Lagerfeld a Giambattista Valli, ecco la storia delle partnership con stilisti e designers di alta moda che portano le grandi firme del fashion nel mondo comune.
Tutto ebbe inizio nel 2004, quando Karl Lagerfeld ideò per H&M una capsule collection che andò a ruba e cambiò le regole rigide di low cost da un lato e alta moda dall'altro, mischiandole e permettendo anche a persone comuni di indossare capi di firme prestigiose a prezzi contenuti. Le vendite andarono alle stelle grazie a t-shirt da 17 euro con la sagoma del volto di Lagerfeld, camicie dal colletto rigido, jeans skinny, choker di raso nero e giacche di paillettes. Tutto esaurito in poche ore dal lancio mondiale.
Stesso destino per i capi e gli accessori delle successive collaborazioni (con una eccezione nel 2008).
Il 2005 è stata la volta dell'inglese Stella McCartney, che firmò una collezione di circa 40 capi per la stagione autunnale. Si trattava di abiti e borse dallo stile molto minimalista, tinte unite e design discreto ed elegante.
Nel 2006 fu la coppia di designers Viktor & Rolf a creare la propria linea per il marchio svedese. Abiti da donna e da uomo eleganti, quasi da cerimonia, lanciati per la stagione autunnale da uno spot che vedeva protagonista una sposa e ben due sposi ("I love you" - "I love you T(w)oo").
Nel 2007 invece il primo italiano, Roberto Cavalli, che firma una linea molto aggressiva e certamente riconoscibile del suo stile distintivo e delle fantasie animalier che lo hanno reso noto: 20 da uomo e 25 da donna, completi di accessori e lingerie. 
Alternativa e asimmetrica, con ruches e arricciature, nel 2008 esce la linea per H&M di Comme des Garçons, casa di moda giapponese. Interessanti gli abbinamenti e sicuramente evidente lo stile orientale delle proposte.
Anche a causa della crisi finanziaria del 2008, la collaborazione con Jimmy Choo del 2009 fece registrare un rallentamento delle vendite dei famosi tacchi a spillo dell’allora designer della griffe di calzature Tamara Mellon e dei suoi stivaletti a rete. Ne uscì un pò meglio, ma senza fare boom, Matthew Williamson, con i suoi abiti foulard dal taglio in sbieco.
Colore e tanta estrosità per la capsule collection estiva di Lanvin del 2010. La collezione, molto apprezzata, andava dagli abiti con ruches di ispirazione couture, alle giacche in eco-pelliccia e alle t-shirt grafiche, fino a scarpe con tacco a spillo e coloratissimi gioielli.
Con i suoi mini-dress color oro lucido, le bandane in latex nere, i pantaloni a stampa tropicale e i trench di pelle, la collezione di Versace nel 2011 fu un successo di proporzioni enormi, tanto che il sito H&M si bloccò nel giro di pochi minuti.
Al contrario, alcune collezioni si sono dimostrate troppo di nicchia finendo con l’attrarre solo una più ristretta fetta di mercato: pensiamo alle stampe grafiche o ai gioielli importanti creati da Marni nel 2012, o ai jeans strappati e i body trompe l’oeil firmati Maison Martin Margiela lo stesso anno. 
Con le sue felpe grigie semplici, foulard in stile boho, gli stivali di camoscio con frange, la linea della designer francese Isabel Marant del 2013 fu un mix di stile chic ma rilassato, tra etno e metropolitano, non solo per donna, ma per la prima volta anche per uomo e bambino.
Con Alexander Wang nel 2014 tornò il grande successo, grazie a felpe con cappuccio, camicie da baseball e guantoni da boxe che videro in Missy Elliott il volto promotore della collezione. 
Mentre l'anno seguente, Kylie Jenner e Rihanna fecero da fan e supporter della collezione di Olivier Rousteing composta da mini abiti elettrizzanti e ultra preziosi pensati per le social influencer. Mentre la top model Gigi Hadid scese in passerella per la collezione 2015.
Carol Lim e Humberto Leon di Kenzo nel 2016 non furono da meno con la loro offerta composta da leggings zebrati, maglioncini a stampa leone e gonne leopardate, il tutto accompagnato da una compagna pubblicitaria con Iman e Chloë Sevigny.
E' stata poi la volta di Erdem nel 2017, con una collezione di camicette bianche vittoriane, abiti di seta e stampe di fiori selvatici.
Fantasie ed estro, con Jeremy Scott che nel 2018 porta la gamma dei colori di Moschino, e tutta la sua stravaganza, negli store del colosso di abbigliamento low cost svedese. A impersonare questo spirito, Gigi Hadid. 
Quello di Giambattista Valli, per l'anno in corso, è stato un debutto davvero travolgente. Pre collezione a ruba quella dello stilista italiano, famoso per il proprio brand con sede a Parigi, grazie anche a una marcata campagna di comunicazione con testimonial di spicco come Kendall Jenner, Chiara Ferragni, Bianca Brandolini, Chris Lee e Ross Lynch, che hanno indossato i primi look della collezione sul tappeto rosso del gala dell'amfAR a Cannes. Si trattava degli outfit della pre-collezione, mentre il lancio della collezione completa è previsto per il 7 novembre 2019. 

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Packaging Première, a milano la terza edizione della fiera dedicata al packaging per il lusso

30/5/2019

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FotoL'ingresso a Packaging Première a Fieramilanocity
Si è appena conclusa a Milano la terza edizione di Packaging Première, importante punto di riferimento per i professionisti del packaging di lusso. Cosa abbiamo visto durante la nostra visita.
Milano è universalmente riconosciuta come la città della moda e del design e un appuntamento come Packaging Première non poteva certo mancare. Si tratta di una fiera dedicata ai professionisti del packaging di alta gamma (non è dunque consentito l'ingresso ai privati) che quest'anno, dopo la prima edizione al The Mall, è stata ospitata per la seconda volta all'interno degli spazi di Fieramilanocity dal 28 al 30 maggio. 
Negli ultimi anni l'attenzione nei confronti della shopping experience, a tutti i livelli, è diventata sempre più cruciale e, dati alla mano, l'impatto di un packaging ricercato, curato e dal forte impatto visivo è risultato veramente rilevante negli indici di gradimento del pubblico, motivo per il quale il mondo del lusso non può far altro che mettersi in ascolto e rispondere, anzi, il più possibile anticipare e sorprendere. 
Packaging Première è una fiera settoriale, contenuta nelle dimensioni, ma ricca in termini di offerta. Gli spunti sono davvero moltissimi; ovviamente gli aspetti che vengono maggiormente fuori sono la ricercatezza spinta e l'alta qualità dei supporti e dei materiali utilizzati per le varie realizzazioni. 
La nuova frontiera comunque, anche nel packaging, è composta da due parole d'ordine: personalizzazione estrema e sostenibilità. Tutto in nome di un valore estetico che rimane, tanto più nel lusso, irrinunciabile, ça va sans dire. In tema sostenibilità, abbiamo notato Anydesign, azienda specializzata in shopping bag prodotte con materiali etici e certificati tra i quali per esempio la fibra di cocco (v. foto). 
Il numero degli espositori è stato ulteriormente in crescita rispetto alle prime due edizioni: l'anno scorso 200 aziende da 12 diversi paesi e 4.800 visitatori; quest'anno le aziende partecipanti sono arrivate a quota 242 e anche la rosa dei paesi stranieri si è arricchita. 
Packaging Première è una interessantissima occasione di incontro tra professionisti del settore, tre giorni nei quali è possibile condividere punti di vista, scambiare opinioni e idee, fare business ovviamente e, non ultimo, elaborare nuovi spunti creativi e nuovi concept scoprendo le nuove tendenze e le nuove frontiere di un mercato che è sempre in movimento e in continua trasformazione e che pretende sempre di più. 
Interessanti anche i cicli di conferenze organizzate nel corso delle tre giornate. Molto carino il corner riservato al progetto del Politecnico di Milano che ha coinvolto gli studenti del Dipartimento di Design, main partner insieme a Esxence – The Scent of Excellence. Di grande impatto l'esposizione d'arte e design, che quest'anno racconta il tema della Metamorfosi, ovvero della trasformazione che possono subire materiali quali il legno, la plastica, il vetro per rivivere in forme nuove, che accoglie i visitatori all'ingresso e che li cattura nuovamente all'uscita. 

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